C’è poco da fare: Ginettaccio è Ginettaccio. Non solo un campione, non solo un pezzo di storia del ciclismo. Un pezzo di storia, punto. Domani, 19 aprile, un capitolo della sua parabola umana sarà a Cassano Magnago, al teatro Auditorio, per uno di quei colpi di pedale che avvicinano al Giro d’Italia, al traguardo della tappa che folgorerà le strade cittadine il 20 maggio.
Regia di Carmen Pellegrinelli, sul palco Federica Molteni. Gino Bartali era l’atleta che il Fascismo voleva. Ma non prese tessere. Anzi, prese parte a un vasto movimento per salvare vite. Sfruttò la possibilità di muoversi collegata al suo status. E, a Cassano, arriva, Bartali, con una rievocazione al femminile.
«Tutto – premette la protagonista, Federica Molteni – parte da un ragazzino. Si innamora della bicicletta. Vuole, della bicicletta, fare la sua vita». C’è la scoperta della stoffa. Ci sono la vocazione e il talento. C’è la sfida alla fatica, che non fa paura. «Nella storia di Bartali c’è l’immaginabile e l’inimmaginabile. Oltre alle gare, oltre agli avversari, c’è anche la sofferenza. Quella, per esempio, dovuta a un lutto, per un fratello corridore, prematuramente scomparso».
Perché parlare ancora di Bartali? «Non so quante repliche ho fatto di questo spettacolo. Ogni volta, per il pubblico è una scoperta. Il 50 per cento delle rappresentazioni avviene nelle scuole. E nelle carceri. La storia di Bartali si intreccia con la storia d’Italia. Aveva un nome da campione. Si muoveva e muoveva le folle. Fu anche convocato a “villa triste”, a Firenze».
Luogo d'interrogatorio e tortura. Non tremò, lui che contribuì a trasportare documenti necessari agli ebrei perseguitati. Lui, oggi, giusto tra le Nazioni. A Cassano arriva il Giro. E, domani, 19 aprile, si racconta un ciclista come nessun altro, uomo del suo tempo. Eroe silenzioso.