Una frase ricorrente che mi suggerisce Giusepèn dice "a podu non" che, letteralmente dice "non posso". Andiamo quindi a scovare il motivo del "a podu non" che era la parola d'ordine dei commercianti, quando entravi nel loro negozio. Si dice abusivamente che i Bustocchi sono tirchi, ma le "prove" documentano che è una falsità. Quindi, il detto "a podu non" si verificava quando la massaia, specialmente, voleva lo sconto sull'acquisto o "tirava sul prezzo". C'è da dire che, il prezzo era impostato sul costo della merce a cui aggiungere "gabelle" di ogni sorta e il relativo guadagno. Andare a incidere sulle Tasse non era lecito. Al limite, si poteva … limitare il guadagno del venditore che, a onore del vero doveva tenere conto sia del costo della merce sia l'eventuale affitto del negozio, oltre alle incombenze dei salari dei lavoranti e soprattutto del "rischio d'impresa".
A volte, il "a podu non" era salvaguardato; altre volte, diventava …. furoreggiato, una moda, specie per chi aveva locali propri ed era competitivo con chi doveva invece sostenere l'affitto. Spostiamoci allora sulle "grida" della gente; sia di chi voleva dire, sia di chi voleva blaterare. C'era chi "verdi buca fòa paol" (aprire bocca e far uscire parole) e chi "parlà, l'e fià" (parlare è fiato), oltre a coloro che, all'apice della discussione, soprattutto quella riguardante ogni tipo di trattativa, concludeva con un "l'e pissè a gionta, dul guadagn" (è più la perdita del guadagno). Qui, di distinguo ce ne sono molti. Oggi si sente addirittura dagli slogan usati dai Supermercati "vendita sottocosto" come se la gente non sapesse dove sta l'inghippo. Per i tre o due che non lo conoscessero, sveliamo il segreto.
Faccio un esempio (visto che l'ho sperimentato personalmente). Avevo la necessità di acquistare un orologio: prezzo di vendita, Lire 1.600.000 - per me era troppo e decisi all'istante di non acquistarlo. Allora (vista l'amicizia) mi fu prospettato di acquistare "il decimo" che all'istante non compresi cosa fosse e fu facile chiedere spiegazioni. Mi fu mostrata la fattura del venditore che aveva acquistato dieci orologi dalla Casa produttrice, al prezzo di Lire 600.000 cadauno (iva compresa); quindi mi disse di sapere attendere la vendita del …. decimo. Così fu ed io acquistati l'orologio che tanto mi piaceva a Lire 600.000 - chiaro che l'Orologiaio, coi 9 orologi venduti a Lire 1.600.000 cadauno ha incassato Lire 14.400.000 mentre quando ne ha acquistati 10 ha pagato Lire 6.000.000 - già lì, il guadagno è di Lire 8.400.000 a cui si aggiunge l'incasso di Lire 600.000 per la vendita del "decimo" orologio venduto a me, per un guadagno totale di Lire 9.000.000 col vantaggio di potere disporre della cifra per altri acquisti di orologi o di oreficeria.
Perché di questo ragionamento? che non esiste la "gionta pissè dul guadagn", ma si tratta di fare i conti nella maniera dovuta. Da non sottovalutare il fatto che (magari) il "decimo" rimaneva invenduto; invece con quel sistema, l'intero approvvigionamento segnava il "tutto esaurito"
A Giusepèn subentra Maria: "chi ga verdi buca e foa paol a gan sempar tortu" e chi "dàa gionta pissè dul guadagn i disàn i busii" (chi apre la bocca e lasciano fuoriuscire parole, hanno sempre torto - e quelli della perdita più alta del guadagno, dicono bugie) - Maria è già pronta col Nocino.