Ieri... oggi, è già domani - 17 febbraio 2023, 06:00

"... fatu, me aqua" - ...insipido, come l'acqua

Quindi, persona messa (quasi) al bando da ogni nobile considerazion

"... fatu, me aqua"  - ...insipido, come l'acqua

Nella terminologia del Dialetto Bustocco "da strada" il "fatu, me aqua" (insipido come l'acqua), dà l'idea della persona inconcludente, fatua, leggera, frivola, vuota, inconcludente; persona che non ha la possibilità di farsi apprezzare. Quindi, persona messa (quasi) al bando da ogni nobile considerazione.

A ben vedere, essere "fatu" (insipido) non consente prospettive... eppure... eppure per ogni difetto c'è sempre un "salvataggio" per consentire una risalita nell'etica e nei valori della vita. Prova ne è che ogni "fatu" c'è la possibilità della redenzione, anche se il "marchio" gli rimane come per un ergastolano che ha commesso dei delitti giudicati. Per un Bustocco, essere "fatu me aqua" è una condanna. Anche per il fatto che un "fatu me aqua" la non-credibilità gli preclude ogni progresso. Nel "nativo e lavativo" detto a un Bustocco, si evidenzia la caparbietà nel lavoro; la voglia di saper progredire nel lavoro, il desiderio di trovare la soluzione a ogni problema.

Tanto che, quando si dice a un Bustocco "nativo e lavativo" si vuole pure significare l'appartenenza, "marchiata" dalle generalità che testimoniano la nascita del soggetto a Busto Arsizio, da genitori e nonni (tutti e quattro) nati a Busto Arsizio. Da qui, il passo è breve per ottenere credibilità in ciò che si compie e per un "nativo e lavativo" di Busto Arsizio , si ha un rispetto assoluto. Non così per il "fatu me aqua" che somiglia all'antitesi del "nativo e lavativo".

Prima di giungere a ciò, si mette alla prova il "soggetto": chi ha le giuste potenzialità è degno di "portare avanti" la linea operativa del genitore, mentre chi non la dimostra, dovrà accontentarsi di una posizione di rincalzo nella gerarchia di famiglia. Non a caso, il leader; chi ha dalla sua parte la fiducia del genitore "in carica" sa che …. presto o tardi assumerà le redini dell'Azienda.

E, non è detto che la "scelta" si riveli sempre giusta nelle varie sfaccettature. Di esempi, a Busto Arsizio, ce ne sono tanti. Inutile fare nomi, ma la successione con cui un'Azienda porta avanti nel tempo la propria struttura secondo precisi canoni di comportamento, ha fatto il suo tempo.

Subentra nel discorso, Giusepèn, con un laconico "eh mo?" (e adesso?) per dire che a Busto Arsizio talune Famiglie Patriarcali dopo tre generazioni, si sono …. disperse; non hanno trovato il leader che ha preso il posto del precedente leader e sono …. naufragate. Negli anni del Novecento, molte delle Fabbriche esistenti sul Territorio, continuavano la Tradizione, sviluppando e incentivando la propria specializzazione … poi? … poi hanno dovuto soccombere e in molti si sono chiesto il motivo.

Non sempre per colpa degli eventi economici, ma è accaduto il solito "errore": quello di credere nel proprio insegnamento. Vale a dire, l'abilità del padre, non sempre si poteva donare per eredità.

C'è di mezzo poi, la moralità di chi eredita, contrapposta alla moralità di chi compie l'eredità. Si dice a Busto che chi "inventa" una Azienda di successo, la sviluppa, poi la cede a chi la consolida, per giungere al "terzo grado" che giunge allo … sfacelo. E ciò, perché avviene? Le spiegazioni possono essere molteplici e motivate, compresa quella del "tanto ho le spalle coperte e posso scialacquare" (come il famoso "figliol prodigo" che ha solo scialacquato) e da qui, il passo del progressivo fallimento è breve. Oggi, anche Busto Arsizio "paga" questo pegno e di Aziende "ereditarie" ne esistono ben poche. Giusepèn annuisce!

Gianluigi Marcora

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