Il detto di Giusepèn "tia a cà'l co" (conduci a casa la testa) potrebbe passare inosservato. Tuttavia, quel che recita il Dialetto Bustocco da strada è di vitale importanza, per il discorso che si vorrebbe approfondire. Nel "tia a ca'l co" non si vuole unicamente compiere un'azione …. motoria, ma si vuole invitare la persona con cui si dialoga, a ricordare e a puntualizzare su un argomento importante. Quel "a ricordare" è una testimonianza, quasi a catechizzare il nocciolo del dialogo.
A volte, si compiono certe azioni in base a valutazioni erronee. Le approssimazioni vanno a comporre una realtà che non esiste; frutto di deduzioni sbagliate che poi diventano "vere", ma in realtà non lo sono. Faccio un esempio personale che Giusepèn approva. M'è capitato di scrivere (sbagliando in assoluta buona fede) che mia madre è "diventata un Angelo" nel 1966 e che sono 26 anni dalla sua dipartita nel 2022 - un caro amico, elegantemente ha scritto "non mi tornano i conti" e un altro amico ha subito detto "forse volevi scrivere 1996" - eccolo l'arcano. Ho ringraziato entrambi per avermi corretto e ho apprezzato la signorilità con cui gli amici mi hanno corretto.
Loro mi hanno indotto a pensare al "tia a cà'l co" evitandomi brutte figure. Quindi, il "conduci a casa la testa" è un invito a ragionare prima di profferire parole, perché, una volta dette o scritte potrebbero causare un dispiacere e magari fare del male alle persone. Invece, con la riflessione, con "ul cò purtò a cò" (la testa condotta a casa) si fa bella figura e si acquista prestigio. Giusepèn aggiunge "ghe genti che i verdan àa buca e ga egn foa paol" (ci sono persone che aprono la bocca e lasciano fuoriuscire parole, cioè, non riflettono) e ciò non permette di essere credibili.
Poi, Giusepèn cambia programma e tira fuori un'altra "panzanega" (storia beffarda) che dice: "chèl lì al ga tacà'l co dumò par andà in dul barbe" (quell'individuo ha attaccato la testa solo per andare dal parrucchiere) e qui, si offende e magari ci si azzecca, visti certi ragionamenti insensati e beffardi oltre ogni giustificazione. E' come dare del mentecatto a chi "butta parole" senza senso o ragionamenti "foa da melon" (fuori di melone) che (guarda caso) sostituisce il cervello e butta fango su una disquisizione seria.
C'è fascino e c'è poesia, però nel "tia a cà'l co" che somiglia a un "prendersi per mano", condurci sulla "retta via", consigliare di tenere sempre acceso il cervello. Ci aggiungo poi (e Giusepèn ammicca) sino a quando cervello e cuore dialogano, si è sempre giovani. La testa è a casa. Il cuore elabora quali impulsi donare al cervello!