I preparativi per il Natale che viene, allora, cominciavano coi primi giorni di dicembre. Ho il sospetto che -allora- si speculasse sul desiderio dei bimbi nel volere qualche dono in più dei "soliti", ma pure sul "desiderio degli adulti" nel convincere i "disbriò" (discoli) ad attenersi alle buone maniere; altrimenti "ul Bamben" (così chiamavamo Gesù Bambino - oggi Babbo Natale), "al porta i murson o ul carbon" (nei doni si troveranno trucioli e carbone). Lo vogliamo chiamare ricatto?
No che non è un ricatto. Lo chiamo "monito"; una specie di avvertenza che doveva avere il bravo effetto di spegnere certi "ardori" e di tentare (almeno) di educare, senza ricorrere alle maniere forti. Diciamolo, allora. Quante volte le nostre mamme (parlo a chi legge ed ha i capelli bianchi) ci intimavano per obbedire "ubidissi se da non t'à mazzu" che somiglia più a una minaccia, piuttosto di un monito (come ho scritto sopra). Tranquilli (lo dico a chi NON ha i capelli bianchi): nessuna mamma commetteva un infanticidio, ma i bambini frenavano il loro impeto. Tanto è vero che cominciavano ad essere maggiormente diligenti a scuola e ubbidienti a casa.
Con quale risultato? che per almeno un'ora (sto esagerando, lo so) si era più buoni e lesti nel prendere in mano libri e quaderni per compiti e lezioni. Natale era per noi una "liberazione" da tanti stereotipi o modi di fare che avevano il loro effetto pure coi genitori. Si era migliori, ecco tutto e lo si era davvero. Tanto che, ad ascoltare il cicaleccio delle mamme quando facevano il coro, si sentiva dire spesso "ul me fioeu" ma pure "a me tusa" si "cumportan pulidu" (mio figlio - mia figlia, si comportano bene).
Anche i "vivè" (vivaci) incameravano la lode. E per loro costituiva una "gratifica" non di poco conto. Poi, passato il Natale, l'argento vivo (come si diceva allora) "pretendeva" la propria realtà e, la esternazione dei comportamenti viaggiava sui binari che conducevano alle rampogne ed ai rimbrotti degli adulti. I francesi dicono "comme d'abitude" (da abitudine) quasi che, per un bimbo, farsi mariuolo era naturale. Sino al punto da far dire alla mia Pierina, quando veniva a scuola dalla signorina Vandoni (la mia maestra, scuole Elementari) e chiedeva di me, raccontava a casa "la ma diì che l'e bon, educò, e dumò 'na cai oelta le, la alza u usi par fami tasè" (la maestra mi ha detto che (io) è buono, educato e solo qualche volta, (lei) doveva alzare la voce) penso per riportarmi all'ordine. Oppure diceva così a mamma per farmi capire "a rasòn" (la ragione), come comportarmi.
Non c'è più quel Natale infantile e sobrio e Giusepèn aggiunge "anca in cà mia l'ea insci. ga passa i ann, ma pà e mama in sempar cumpagn" (anche in casa mia era così; passano gli anni, ma papà e mamma hanno sempre lo stesso comportamento). Intanto, intorno si espandeva il profumo delle caldarroste, ma pure quello delle arance e dei mandarini che, per la prima volta li vedevamo nel portafrutta in casa, insieme ai "zacarèi" (mandorle), niscioei (nocciole) e "spagnuleti" (arachidi).
Incrocio il mio sguardo con quello di Giusepèn …."lu so s'a se sun dre pensò" (so a cosa stai pensando) e senza "colpo ferire" alzando un pochino il tono di voce, Giusepèn chiede (per me era un comando) "Maria, purta chi 'l Nocino" (porta il Nocino).