A Giusepèn sfugge niente. Commenta con lucidità i dibattiti televisivi. Gli fanno specie le troppe interruzioni per eccessiva litigiosità che (secondo lui, ma non solo) "disturbano" il dibattito. Poi, "ul Giusepèn" sbotta in un "ogni busca l'e 'na trae" e mi fa subito pensare a un vecchio detto che si usa tuttora e che fa "ogni pagliuzza è una trave" e l'accostamento è lapidario, ma pure giusto e veritiero.
Da non trascurare il riferimento al Vangelo. Quello che dice "non guardare la pagliuzza nell'occhio di tuo fratello, ma guarda la trave che c'è nel tuo occhio". E' il dilemma di sempre: ascoltare senza capire o comprendere senza ascoltare.
Andiamo per le spicce, per non essere retorici. Tutti auspicano la pace nel mondo, poi, in casa propria ci sono dissidi; alcuni insanabili che portano a far vincere l'egoismo e la convenienza nei confronti della ragione. Il rispetto dentro il sospetto non porta a soluzioni giuste. Basta dare uno sguardo alla cronaca, per comprendere come va il mondo. La "busca" (pagliuzza - cosa di poco conto) andrebbe polverizzata senza troppe elucubrazioni. Farebbe raggiungere una soluzione al caso mentr'invece il dialogo si tramuta in litigio e si scopre la "trae" (una trave che ingigantisce la contesa) per giungere magari a un compromesso, dove le parti accettano, ma nessuna delle due è contenta del risultato.
Cambiano i tempi e cambiano le situazioni. Allora si discuteva e si litigava per la preminenza di essere dentro l'importanza. Il fratello maggiore avanzava "diritti" dentro casa, nel dettame come gestire il podere, nel pretendere un riconoscimento del "regiù" per la maggiore fatica profusa.
E si arrivava al famoso "amui da fradèi amui da curtei" (amore tra fratelli, amore di coltelli) per dire che in quell'epoca, pochi fratelli soltanto sapevano condividere un "segno di papà", ma si programmava un diritto mai sancito, ma preteso.
Quando il Vangelo catechizza quanto enunciato, è proprio perché la storia insegna. Purtroppo lo si fa tuttora: in troppi a dire senza ascoltare; in troppi a volere imporre il proprio pensiero senza tenere conto del pensiero del contraddittorio. Passerei - ora - la parola ai moralisti, ai tuttologi, ai "so tutto io" per dire della pochezza del mondo. Inutile puntare al risultato più alto, quando non si è in grado nemmeno di avere le basi per un concetto semplice.
"ul mondo al vò inscì" (così va il mondo) ammette Giusepèn e ammette pure "ga oei un zichinen da tema prima da ciciarò par naguta" (occorrerebbe un po' di rispetto verso gli altri, prima di chiacchierare per nulla). Il rispetto, questo sconosciuto; millantato e indifeso… spesso calunniato e disatteso. Eppure, si fa meno fatica a chiarire una pretesa, piuttosto di affrontarla senza ascoltare le ragioni degli altri.
"taiemala su cunt'ì paol e demaghi un'ugioa ai fatti" (finiamola con le parole e diamo un'occhiata ai fatti) senza sottovalutare nessuno e senza crederci dei … padri eterni. Insomma: umiltà!