Ieri... oggi, è già domani - 13 settembre 2022, 06:00

"ul giùgu" - il gioco

La saggezza di Giusepèn si pone in questo proverbio che mi cita con delicatezza.

"ul giùgu" - il gioco

La saggezza di Giusepèn si pone in questo proverbio che mi cita con delicatezza. Dice Giusepèn: "ul giùgu par essi bel, l'àa essi cortu" (il gioco, per essere bello, deve essere corto). Qui, è lampante, Giusepèn si riferisce ai cosiddetti "giochi di mano" che si manifestavano nei tempi antichi, ma che sono validi tuttora.

Di esempi ce ne sono parecchi. Lo spintonarsi a scuola o nei campi di gioco. Il deridersi, magari con un insulto di una certa levatura che procura una reazione. Magari lanciare un sasso. Un tempo si usava il tirasassi costruito in casa, con un ramo "a forchettone" di una certa manualità. Oltre agli elastici ben attaccati alla sommità del ramo biforcuto, c'era la pezza di pelle che serviva a raccogliere il sasso da scagliare. Poi ci sono altri giochi, del tipo …"a tola, a gossa, a scondas, ul balon, a cavalèta" …. e tanti altri che mettevano a contatto fisico i ragazzi. Ebbene, la "statistica" diceva che, dopo un certo prolungamento del gioco, qualcuno si faceva male.

Non servivano le scuse o il "colpa tua" che emergeva di fronte alla negatività dell'impatto. C'erano le sbucciature e non solo. Volete un esempio? si giocava col solito "razzo" formato da tre fiammiferi rinchiusi e compressi con un elastico. Nel centro dei tre fiammiferi si collocava un ago o uno spillo qualsiasi. Non è finita. Con un foglio di carta …. un quadrato di 10 centimetri, si costruiva un'ala per veicolare il "composto" ed ecco un'autentica "arma" che serviva per conficcarsi in un tronco d'albero, ma pure su un "centro" costruito alla meno peggio.

A perpetuare il gioco, si finiva col pungere qualcuno. Un giorno, poi, mentre lanciavo la "freccetta" è piombato davanti a me,  un caro amico e la "freccetta" l'ha colpito sotto pelle facendo pure scaturire tre o quattro gocce di sangue. Il pericolo? magari penetrare con la "freccetta" nell'occhio e magari (dipende dalla forza con cui la si è lanciata) determinare guai maggiori.

Addirittura, anche il gioco della piramide (almeno 12 biglie accatastate una sull'altra con una base di 8 biglie e il resto a seguire) doveva essere corto. Si tirava la biglia per colpire la piramide, e c'era sempre qualcuno che scagliava la propria biglia. Col bel risultato di procurare il "ritorno" della biglia oppure, le biglie che costituivano la piramide "sperdersi" come la deflagrazione di una bomba.

Anche il gioco "nascondas" aveva i suoi bei rischi. Una sera io "ero sotto" cioè, dovevo contare, per far nascondere tutti gli altri, eppoi andare a trovare quelli che si erano nascosti e che faccio? Giro e scruto qua e là, poi mi viene in mente di guardare sotto il portico, dove c'era il fieno fresco ad asciugare. Guardo e vedo nessuno. Poi, che mi viene in mente? C'era il forcone nei pressi, lo impugno e con circospezione lo conficco nel fieno. Fatto è che un urlo ha squarciato la notte. Avevo centrato Luciano nel sedere e lo abbiamo dovuto portare all'ospedale. Mi fermo qui. Solo che Giusepèn ha digrignato i denti e m'ha detto "se stei un magatèl" e ho compreso che stava pensando ad altro improperio. Giocare va bene, ma è meglio giocare poco.

Gianluigi Marcora

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