È ancora positivo il saldo tra aperture e chiusure della attività commerciali a Busto Arsizio nel primo semestre dell’anno.
851 le pratiche transitate sul portale Impresa in un giorno del Suap, lo sportello unico della attività produttive (+51 il “bilancio”). Di queste, 238 sono relative ad attività solo commerciali: a fronte di 99 cessazioni, si contano 110 nuove aperture e 28 subentri. +39, dunque, il saldo.
Si conferma quindi il trend positivo registrato a partire dalla fine del 2020: da quel momento, al termine del primo annus horribilis segnato dalla pandemia, l’amministrazione ha iniziato a monitorare dettagliatamente l’andamento delle attività commerciali.
«Con sollievo anche a questo tagliando il commercio si conferma in salute e col segno più», sottolinea la vicesindaco e assessore allo sviluppo economico Manuela Maffioli.
E si conferma anche il «lucido disincanto» con cui l’esponente di giunta accoglie i numeri: «Alla fine del 2020 ci aspettavamo che la coda medio-lunga della pandemia potesse colpire – spiega –. Ora bisogna fare i conti con le nuove emergenze del conflitto e della crisi economica che sta investendo il continente. Non è possibile assicurare che non ci saranno conseguenze nei prossimi semestri, ma la fotografia del presente manda segnali incoraggianti».
E la «fotografia» dice che le attività legate alla somministrazione di alimenti e bevande (bar, ristoranti, pizzerie e così via) fanno registrare un saldo di +13 (14 aperture, 16 subentri e 17 cessazioni). Dati positivi anche per parrucchieri, estetisti e tatuatori (+6) e per il commercio al dettaglio non alimentare (+6).
Frena invece, oltre all’alimentare di vicinato (-3), anche il commercio esclusivamente online (11 aperture e 12 cessazioni), mentre il commercio elettronico in aggiunta alla vendita tradizionale conta 4 aperture, una cessazione e un subentro. «Questo dimostra che la gente ha voglia di tornare a fare acquisti in negozio e di uscire di casa – sottolinea il presidente di Ascom Rudy Collini –. Lo si vede anche nei ristoranti che riprendono a riempirsi. L’online da solo non basta».
In generale, Collini conferma che «il commercio ha tenuto. Le conseguenze della guerra, con i rincari, i costi dell’energia e l’inflazione, li percepiremo probabilmente nel secondo semestre. Non possiamo che proseguire col lavoro di squadra tra pubblico e privato».
Per quanto riguarda il centro, la presidente del Comitato commercianti centro cittadino Alessandra Ceccuzzi evidenzia che «i negozi vuoti sono pochissimi, o comunque rimangono tali per poco tempo». Anche se ormai «la tendenza dei grandi marchi è quella di prediligere i capoluoghi di provincia».
Positiva anche la situazione nei quartieri più vicini al centro, come Frati o Sant'Edoardo, mentre le periferie soffrono maggiormente. È il caso, ad esempio, di Borsano. «A Sacconago chiudono i negozi di vicinato quando chi li gestisce va in pensione», rivela Stefano Moretti, esponente dell’Associazione Sacconago Commercianti, Artigiani & Co.
Alla presentazione dei dati c'era anche il consigliere delegato Paolo Geminiani.