Gallarate - 04 luglio 2022, 18:34

Gallarate, Luciana Zaro nelle parole e nei gesti di quanti l’hanno salutata

Alla cerimonia funebre, commozione e ricordi che descrivono una personalità fuori del comune, fra cultura, generosità e gentilezza

I partecipanti al funerale di Luciana Zaro hanno prolungato il loro abbraccio all'esterno della chiesa

I partecipanti al funerale di Luciana Zaro hanno prolungato il loro abbraccio all'esterno della chiesa

Voci e dettagli dal funerale di Luciana Zaro hanno descritto, oggi, la personalità della 58enne scomparsa nell’incendio della sua abitazione, l’affetto che aveva seminato nei tanti che la conoscevano, la volontà di ricordarla da parte di chi le ha voluto bene. “Amo/la gioia/del vento/inondata dal sole”: con questi versi si apriva il libretto distribuito per seguire la cerimonia. Chiuso da una composizione di Maria Luisa Spaziani: «Ibernati, incoscienti, inesistenti/proveniamo da infiniti deserti./ Fra poco altri infiniti ci apriranno/ali voraci per l’eternità». E, accanto al componimento, l’immagine di una treccia di capelli chiusa con un nastro rosa. Quella treccia che di Luciana Zaro è stato segno distintivo e soprannome.

Troppe le persone accorse nella chiesa di Arnate per dare l’ultimo saluto. Fra quanti sono stati costretti a seguire la cerimonia sul sagrato, il sindaco, Andrea Cassani (c’era anche l’assessore ai Servizi educativi, Claudia Mazzetti). Poco propenso a parlare, il primo cittadino: «Che cosa posso dire se non ripetere quanto ho già dichiarato… È una grande perdita. Oggi, finalmente, riusciamo a salutarla».

Michele Mascella, presidente della sezione locale Anpi, ha seguito il rito funebre dalla piazza. Non una piazza qualsiasi, essendo intitolata a Luciano Zaro, lo zio partigiano, assassinato, il cui nome differiva da quello della defunta per una sola lettera. «Alla commemorazione, in novembre, Luciana non mancava mai – fa presente Mascella, ricordando che in chiesa era esposto il labaro dell’associazione – teneva moltissimo a essere presente. Quel nome è un pezzo di storia della nostra città».

A fine cerimonia sono in tanti a commemorare la commerciante, la donna di cultura, l’amica. Sfilano accanto all’insegna dei Lions. Ricordano mamma Gloria, le passioni, tra lavoro e interessi, papà Isidoro, gli amici Elio, Camilla, don Alberto (Riccardo Carù, colonna del Teatro delle Arti, chiede a Luciana l’aiuto per portare avanti l’esperienza del Teatro «…e la nostra amicizia»). Viene definita, fra l’altro, coltissima, stravagante, gentile, estroversa, umile. Il professor Silvio Raffo («…ho avuto la fortuna di averla come allieva») ricorre alle parole di Emily Dickinson: «Chi vede lei vede un quadro. Chi ascolta lei ode una musica. Conoscerla è un’ebbrezza innocente come giugno, non conoscerla afflizione. Averla per amica un calore, come se il sole ti splendesse nel palmo di una mano».

La cerimonia termina, il feretro compie il percorso fino al carro funebre. Ma le persone non se ne vanno. Applaudono e restano lì, nonostante il caldo, a prolungare il loro abbraccio.

Stefano Tosi

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