Storie - 29 giugno 2022, 09:00

Luca e i suoi oltre 5mila chilometri tra Francia, Spagna e Portogallo: «Prendo la bici che faccio prima»

L'emozionante storia di un uomo di Busto Arsizio che pedalando scopre l'essenziale e la felicità: «È come nella vita, mai arrendersi. Chiusa l'azienda dove lavoravo, mi sono diplomato, ho fatto altri lavori e sono salito in bici». Il signore con la borraccia, gli idranti burloni di notte, il vento sulla faccia. Ieri l'arrivo tra i pendolari di Trenord dopo il tratto finale in treno con sorpresa

Luca Savoldi a San Sebastian

Luca Savoldi a San Sebastian

Voleva fare un viaggio in Francia, Spagna e Portogallo, uno sguardo rapido ai voli poi la decisione: «Prendo la bici che faccio prima».

Un mese e 7 giorni

Così Luca Savoldi, 42 anni, di Busto Arsizio - per la precisione, Sacconago - ha vissuto 5.500 chilometri, partendo il 21 maggio e tornando ieri 28 giugno: l'ultimo tratto, una volta completato l'anello del percorso in bici, era in treno. Quando è sceso alla stazione Nord, tra gli sguardi stupiti dei pendolari ha tirato fuori lo scatolone dove aveva riposto la bicicletta, l'ha rimontata e ha pedalato fino a casa sua, a Sacconago. Mica poteva trascinare l'enorme scatola in questione per qualche chilometro.

Applausi e un sospiro di invidia buona alla sua libertà. Che però, assicura, è alla portata di tutti, perché non è una condizione fisica, ma uno stato mentale.

Non è il primo viaggio impegnativo in bici per Luca: il primissimo nel 2020, una solenne risposta all'epoca del Covid, in Sicilia. Il secondo, l'anno successivo, sugli Appennini e tra le zone terremotate. Non contano i numeri dei chilometri, bensì le emozioni. Infinite, ad esempio, quelle in cui si possono tradurre i 18 chilometri notturni sull'Etna con la complicità della luna oppure la tappa tra le popolazioni che ancora soffrono per le ferite del sisma.

No, non sono le cifre a rendere speciale questo pur particolarissimo viaggio. Se poi parli con Luca, tu ti descrive così i movimenti: giro a destra, o sinistra... Solo che quella direzione viene descritta come se fosse all'interno di un rione, tipo al bivio tra via Magenta e via Ferrini, mica tra le città. In questo modo l'uomo fa percepire tutta la leggerezza di un viaggio che pur richiede pesante fatica. È la leggerezza della felicità, assaporata con il vento sulla faccia o con un incontro speciale, «perché da tutti impari qualcosa... sei solo, eppure sei tra la gente. Soltanto che sai che devi staccarti».

Mai arrendersi

Luca ha sempre amato lo sport e la natura. Per 25 anni ha fatto l'operaio in un'azienda che poi ha chiuso. Non si è mai arreso, si è rimesso a studiare, si è diplomato a 38 anni e ha trovato altri lavori con contratti a scadenza. 

Non è stato facile, era un cambiamento di vita drastico. Ma è come sulle salite, sotto la pioggia sferzante: «Non bisogna mai scoraggiarsi». 

Dopo che l'ultimo contratto era scaduto, il 31 marzo, Luca ha pensato di mettersi in viaggio spingendosi oltre ancora e ricercando quell'essenzialità che fa cogliere il senso dell'esistenza. Fuori la bicicletta, dunque. Ogni giorno, ha speso circa 10 euro, scegliendo i ripari, usufruendo delle docce a disposizione in luoghi diversi o delle mense. Un viaggio leggero, non vuoto, in cui bisogna rimanere concentrati: «Avrò bevuto quattro birre in 5.500 chilometri. Sono partito da Busto, verso Savona, la Costa Azzurra, Marsiglia, Montpellier poi mi sono detto, entro subito in Spagna o vado a destra?». Ecco, destra o sinistra, come al famoso bivio sotto casa. L'uomo sceglie di puntare sulla Francia meridionale e sua madre gli raccomanda di fare una tappa a Lourdes. Obbedisce e riparte verso San Sebastian, quindi Compostela, luogo che sprigiona vibrazioni uniche: «Incontri gente che sbuca, da ovunque... Gente che si fa un mazzo a piedi... ci vuole umiltà. Incontri persone da tutto il mondo e da tutte impari». Lì si ferma, a respirare quell'energia. 

La borraccia e la monnezza

In Portogallo, si alternano scorci ed esperienze: a Nazaré, guarda i campioni di surf. Ciascuno cerca la propria libertà. Arriva a Lisbona e viaggia con 35-40 gradi; per affrontare poi i rettilinei con 45 gradi serve la testa, prima del fisico: «Senza quella non vai da nessuna parte. Ci vuole un po' di preparazione, ma soprattutto il cuore». Jerez de la Frontera, Tarifa, uno spettacolo dietro l'altro. Su che si risale verso Barcellona e poi la sorpresa: incrocia di nuovo l'uomo che all'andata aveva trovato su un ponte e dal quale aveva ricevuto una borraccia. Come un rito che si rinnova.

Si chiude il cerchio, il giro è stato completato. In Francia, Savoldi può salire sul treno dopo aver smontato la bici... È riconoscente alle persone e ai luoghi, come nelle precedenti occasioni: a Palermo, nei quartieri definiti degradati, ha sempre trovato chi gli dava una mano o una pietanza. Non solo: «la monnezza mi era servita per imballare la bicicletta, ho recuperato quattro ruote di una sedia scassata». 

L'autentica economia circolare. È facile tutto questo? No. È semplice? Sì. Bisogna sempre far girare la testa e trovare le soluzioni, racconta, proprio come accade nella vita. E occorre ridere, come quella notte in cui gli idranti si mettono in funzione e lui deve correre, ma scivola sotto i colpi di quella pioggia artificiale. Quando si illude di essersi messo al riparo, partono quelli dell'altro lato e il sonno è definitivamente tramontato. «Come in una scena di un film di Pozzetto».

Paura, a viaggiare tutto solo? «All'inizio del primo viaggio - spiega - ma poi capisci che i problemi sono fatti per essere risolti». Capisci che nella vita, non sei mai solo e lo sei sempre e se ti trovi a scappare dalla furia burlona degli idranti, puoi sempre ridere, ridere forte.

Marilena Lualdi

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