Il ministro Giancarlo Giorgetti arriva a Cassano Magnago con contenuto, e annunciato, ritardo. Incontra subito Osvaldo Coghi, il candidato sindaco alle comunali sostenuto da Lega e Forza Italia. I due, accompagnati da volti noti della Lega (in ordine sparso: Leonardo Tarantino, Stefano Candiani, Dario Galli, Stefano Gualandris, Claudia Mazzetti, Francesca Brianza, Andrea Cassani) si stringono la mano e attraversano il mercato locale. Il ministro ne approfitta per un paio di acquisti.
Il suo arrivo chiude una campagna elettorale anomala, il centrodestra si è diviso: lista civica Poliseno e Fratelli d’Italia da una parte, a sostenere Pietro Ottaviani, Lega e Forza Italia dall’altra, per Osvaldo Coghi. Così Giorgetti: «Abbiamo scelto una strada difficile. Ma che risponde alla nostra identità e ai nostri valori. Cassano è un comune importante (quello più popoloso al voto, sul territorio, nella tornata in corso, Ndr). E qui è nato Umberto Bossi, scusate se è poco», sorride.
La sfida è difficile: il rivale, Ottaviani, al primo turno ha ottenuto il 35 per cento dei voti. Poi ha incassato l’appoggio della civica “Progetto Cassano 2032”, 16 per cento circa. Coghi ha conquistato il ballottaggio quasi al fotofinish, battendo Tommaso Police, candidato del centrosinistra, con il 20,4 per cento. E guarda all’enorme bacino costituito dai non votanti: più del 50 per cento degli aventi diritto, al primo turno.
«Comunque vada – afferma Coghi dopo la passeggiata con il ministro – festeggeremo. Perché abbiamo dimostrato di esistere, di esserci, di potere portare avanti il nostro progetto politico. Non era scontato». E le polemiche della campagna elettorale? «Abbiamo rapporti trasparenti e leali con tutti. Se c’è stato qualche fraintendimento, lo abbiamo chiarito. Restiamo ancorati ai nostri capisaldi: programma, presenza sul territorio e amicizia civica».
Mattinata agli sgoccioli, i gazebo di Coghi e Ottaviani si fronteggiano, all’ingresso del mercato. L’incontro tra avversari avviene, breve e cordiale (foto in fondo all'articolo). Niente fuochi d’artificio, le rispettive compagini resteranno semplicemente in campo fino all’ultimo per incontrare, presentare, spiegare. E, sperano, convincere.
Domani silenzio elettorale. Domenica urne aperte, dalle 7 alle 23.