C'è un'immagine che grida, quella dei feretri trasportati nel cuore nella tempesta Covid. Ce n'è una che sussurra: il servizio attento e silenzioso sul fronte dei tamponi e poi dei vaccini.
Questi flash balenano insieme, quasi con pudore ma con la forza drammatica della realtà, nel giorno del cambio del comando al Corpo di armata di reazione rapida Nato di Solbiate Olona, con il generale D'Addario che subentra al generale Miglietta. Oggi c'è una crisi internazionale che significa guerra a devastare troppe vite e a gettare buio sul futuro. Ma c'è anche quello che è stato a modo suo un conflitto e ne portiamo ancora strascichi e ferite: il Covid.
Ecco perché una giornata intensa, come quella di ieri a Solbiate, ci riapre in parte quelle ferite. I camion dei militari che trasportano le bare dei morti bergamaschi, fanno parte del racconto di dolore italiano, ma arriveranno anche all'estero, nella narrazione rispettosa dei media americani.
Sono le donne e gli uomini che si trovano ad affrontare una guerra così diversa, dal nemico più subdolo, non meno risoluto. Sono coloro che in quel marzo di dolore lancinante, due anni fa, dovranno trasportare le infinite bare di Bergamo. Ma anche coloro che hanno reso meno pesante il servizio dei tamponi e infine dei vaccini.
Basta spingere lo sguardo sull'ex caserma di Gallarate. Specialmente quando parliamo dei soggetti più fragili che vengono accompagnati a vaccinarsi. Parenti arrivati all'inizio un po' tremanti, al primo cenno di fermata subito accompagnati e rassicurati: «Segua quella direzione, troverà un collega già avvisato, poi giri che ci sono le carrozzine». Cose che ti viene difficile credere, eppure al successivo stop un militare ti garantisce subito il via libera: «So già, signora, vada che la aspettano». E tutto fila liscio, fino ai volontari che ti attendono nel posto giusto con la carrozzina. Il Paese, come dovrebbe andare.
Prima ancora, nella stessa base di Solbiate tanti si sono andati con quella fiducia per eseguire i tamponi. Un episodio che ci porteremo nel cuore: quello del bambino autistico che aveva paura di quel test. È stata la stessa mamma, lo scorso anno, a raccontare come i soldati gli hanno fatto perdere ogni timore e l'hanno premiato con leccalecca e saluto militare. QUI
Ieri al cambio del comando, sotto un sole sferzante, anche la piena percezione che dopo l'inusuale guerra del Covid ha fatto irruzione una crisi internazionale non meno preoccupante e già dal dolore incalcolabile. Eppure c'è anche un elemento che imprime sensazioni di sicurezza: è quel saper che dove ci sono questi soldati, a fianco della popolazione, un servizio fila liscio, in maniera meno conflittuale. Emergono riferimenti ferrei, ma umanità. O spirito di comunità, come viene declinato.
Ci sono numeri, inchieste, slogan, riconoscimenti che lo dicono. Ancora una volta, a noi basta un'auto che continua a girare nel parcheggio dopo la cerimonia, finché il conducente abbassa il finestrino: «È qui che si fanno i vaccini?». Adesso c'è Gallarate, signore, ma la sua domanda è già una risposta: è qui che qualcuno pensa a noi nei momenti difficili.