Solare, Giusepèn! Quando ti guarda coi suoi "occhietti furbi" sotto i "baffetti alla Errol Flinn". Solare e indagatore, specie quando "vuol sapere" e ha "qualcosa da dire", mai banale, mai effimero, mai caduco, ma importante e sempre col sorriso sulle labbra, consolatore e accondiscendente.
Giusepèn è così quasi sempre. "… ?na cài magagna ga l'ò anca mèn" (qualche contrattempo ce l'ho anch'io", ma lui è generoso e altruista e sminuisce quanto gli succede e analizza ciò che potrebbe capitare agli altri. Anche nell'eloquio, Giusepèn è probo a mai superficiale. Adesso poi che ha due "chicche" da sottopormi, lo vedi che … .non vede l'ora di farmi partecipe.
"Tal se, sa l'è na brancàa da binisi … o na brancàa da tera … o na brancàa da dane?". Per non deluderlo, faccio l'espressione stupita di chi "non sa", per lasciare a chi pone la domanda, la certezza di fornire una risposta appropriata, eloquente che sviscera la curiosità..
Quindi "sai cos'è una manciata di confetti … una manciata di terra …. una manciata di soldi?" ecco, "a brancàa" significa proprio "grande quantità di qualcosa", il donare a piene mani, con generosità quel che hai. Non solo un dono qualunque, ma semplice elargizione senza limiti. O meglio: generosità giusta, ma mai senza controllo. La "brancàa" è riferita sia ai beni materiali sia ai soldi, ma pure la si può utilizzare per una quantità di bene, una quantità di fiducia, di condivisione.
Per un Bustocco, la "brancàa" significa elargizione a tutto spiano, senza limiti, in abbondanza, ma sempre sotto controllo."senza perdi'l cò" (senza colpi di testa. L'oculatezza che sconfina nella generosità, deve sempre avere un "piedistallo" di ragione. Da qui, ecco sviluppate certe false teorie sul "Bustocco tirchio" … quello delle "braccine corte", di colui che fa nulla (o poco) per il prossimo. Dovessimo elencare gli esempi circa la generosità dei Bustocchi, scriveremmo una Enciclopedia, non solo un Libro. Giusepèn annuisce con rispetto alla mia affermazione.
Ecco quindi la seconda "chicca". E la scrivo subito in italiano, per poi magari metterci la versione originale in Lingua Bustocca. " Conosci l'ittiolo? E' un medicamento antichissimo che si utilizza tuttora per fare scoppiare i foruncoli. Soprattutto lo si usava per gli imberbi che stavano diventando adulti e che dovevano espellere dal corpo certe sostanze purulente". "ul tioli l'è 'na pumòa vegia ca la s'a droa anca in coeu, par fa sciupò i bugnon. Al sa druea (ul tioli) par i giuinoti non nanmo grandi, ca duèan butà foa a brutua dul corpu".
Quindi l'ittiolo non solo è un'efficace pomata-medicina, ma ha dato adito alla fantasia di spaziare in tanti significati; alcuni dei quali non proprio "traducibili". Mi spiego meglio: La funzione dell'ittiolo è quella di portare in superficie, per essere eliminato, il pus del foruncolo; quindi l'ittiolo svolge un'azione grandiosa e benefica. Quindi, quando si dice "s'e teme'l tioli" vuole dire che anche tu "sei in grado di far emergere quanto c'è da espellere nel corpo". Esempio banale. Chi ha avuto la disavventura di essere morso da una vipera, gli si prospetta l'antidoto, ma … se l'antidoto non è a portata di mano, occorre una bocca che succhi il veleno, per evitare che il sangue, metta in circolo insieme alle sue sostanze benefiche, anche il veleno. Da qui, il "s'è teme'l tioli" vuole dire che devi succhiare per liberare il corpo da una sostanza da espellere.
Giusepèn guarda sempre coi suoi "occhietti furbi", ma riconosce nel mio annuire che ho compreso bene, il suo messaggio completo.