Mentre la Pro Patria lotta per ritrovarsi e non farsi fermare dalla FeralpiSalò nella corsa della salvezza (QUI), un amico lontano lavora in silenzio. La scena si sposta a Busto Arsizio, Coppa Magistrelli nella piscina Manara - Sartori: un trofeo firmato da Cuffie colorate, Anffas, Aias (leggi QUI). Qui un ragazzo, Donato, distribuisce dei bigliettini: sono l'invito a presentarsi allo stadio Speroni sabato alle 14.30 per sostenere i tigrotti contro il Mantova, ultima partita casalinga. E fondamentale per cercare di mettersi in salvo senza dover penare fino alla fine.
Diversi bustocchi si sono ritrovati con quel foglietto in mano, magari un po' stupiti. Li lasciamo lì a leggerlo e torniamo di corsa a Salò.
La Pro Patria, messa a nudo nella sua umanità. Non è la Pro Patria del miracolo, quella che annienta tutto e tutti: è la squadra del lavoro. Quando lavora, si sbaglia, e ieri si è sbagliato troppo a lungo. Innegabile che nel primo tempo si è temuto che andasse anche peggio: i padroni di casa trovavano varchi che erano un invito a nozze. Al netto del loro valore, in campo c'era anche la nostra leggerezza, per usare uno dei termini a cui ha fatto ricorso lo stesso allenatore Massimo Sala.
In una partita, abbiamo rivisto diversi lati di quell'umanità. La fragilità di ragazzi che hanno invertito la rotta ma che non hanno ricette segrete, che si affidano ogni giorno a Sala e Le Noci, al gruppo, alla forza di ciascuno per arrivare alla salvezza sul campo. Tutto ciò in solitudine, perché di fronte all'incertezza societaria e alle troppe parole loro stessi hanno chiesto di essere lasciati in pace. Ma in questo momento nessuno può guardare al fischio finale di questo campionato senza inquietudine: se salvezza in campo sarà agguantata e decretata, poi potrebbe affacciarsi il buio del futuro.
Rispetto al passato, si è visto un primo tentativo di correzione, come lo scambio di due giocatori nelle fasce, e poi le azioni più incisive nella ripresa. Con i cambi, tra innesti di esperienza e un equilibrio ritrovato, testimoniato oltre che dalle ripetute occasioni da gol create dai tigrotti dal depotenziamento degli avversari: a conferma del fatto che la loro qualità era alimentata dalla nostra fragilità.
Su quel campo per noi stregato, non si sono visti miracoli, a parte quelli che ci consegna con costanza il nostro Caprile in porta. Si è vista la realtà, un lavoro in corso, un lavoro che non ha dalla sua parte il tempo.
Mancano due giornate, contro il Mantova in casa, trasferta finale contro la Pergolettese. La Pro Patria è in tredicesima posizione con altre due squadre, Virtus e Albinoleffe, a 42 punti, roba che qualche tempo fa ci avrebbe fatto sospirare di sollievo: dietro ci sono sette avversari. Ma non c'è alcun sollievo in questa mappa di posizioni troppo ravvicinate, finché la salvezza non sarà gridata dalla matematica.
Per arrivare a questo traguardo già sabato allo Speroni - contro un avversario che ha lo stesso nostro obiettivo, tre punti in meno e una doppia ferita per le confitte nelle ultime due partite - c'è solo quel lavoro incessante.
Poi in campo, da soli. O quasi.
Perché se qualche bustocco ha finito di leggere il biglietto offerto da Donato, può fare qualche riflessione. Può capire che il foglietto non invita solo alla partita, ma promette molto di più: invita a esserci in un senso più esteso, profondo.
Potrebbe essere l'ultima gara in cui allo Speroni si potranno vedere diversi giocatori. Potrebbe essere l'ultima gara in cui allo Speroni si vedrà la Pro Patria: non siamo melodrammatici, ma realisti. Esserci significherebbe mandare un messaggio.
Chiunque non butterà quel foglietto di Donato senza pensarci più, avrà compiuto un piccolo gesto, come il suo in apparenza. Ma i gesti servono più delle parole che in questo anno tormentato hanno reso la vita ancora più difficile dalla Pro Patria.