Un paese ferito, scosso, che da giovedì mattina ha perso le parole di fronte a una tragedia che ha segnato profondamente tutta quanta la comunità: Mesenzana, così come tutto l’alto Varesotto, è ancora sotto shock, dopo l’omicidio-suicidio con cui il 44enne Andrea Rossin ha posto fine alla vita dei suoi due figli, Alessio e Giada, prima di uccidersi a sua volta.
Tre le vittime, anzi quattro, benché una sia tuttora viva: Luana, la madre dei due bambini di 7 e 13 anni ed ex moglie dell’uomo che ha commesso il folle gesto lo scorso 24 marzo, la donna che ha scoperto per prima la scena più straziante alla quale nessuno vorrebbe mai trovarsi ad assistere.
Intorno a lei e a tutti i famigliari e agli amici si è stretto il forte abbraccio del paese e del territorio: dal sindaco Alberto Rossi al parroco, don Michele Ravizza, passando per tutti i mesenzanesi che non riescono a capacitarsi di quanto accaduto per giungere fino agli psicologi, da giorni presenti e attivi per supportare da vicino i compagni di scuola, gli insegnanti e i genitori. Tutti quanti turbati e sconvolti, ma comunque pronti a offrire il maggior sostegno possibile.
Un sostegno che passa anche da momenti di preghiera come quello tenutosi ieri sera, con la recita del rosario, e gesti simbolici come la fiaccolata che alcune mamme hanno voluto organizzare per la serata di oggi, martedì 29 marzo: si partirà dalla chiesa parrocchiale del paese alle 20.30 per raggiungere via Pezza, dove si trova l’abitazione in cui si è consumata la tragedia.
«Ciò che è accaduto giovedì – ha scritto don Michele in un breve post su Facebook – ha segnato non soltanto le vite delle famiglie e degli amici, ma ognuno di noi e tutte le nostre comunità. Non ci sono “perché” a cui rispondere, né parole per descrivere. Sarebbe troppo facile e comodo farci spingere dalla rabbia e rispondere con altrettanta violenza, anche solo verbale, come purtroppo a volte capita. Credo che occorra, invece, fare lo sforzo più grande di interiorizzare quanto successo: sono un dolore e una tragedia enormi che non possono e non devono scivolare via, nonostante il male che recano».