Sinistra Italiana di Busto Arsizio chiede a Neutalia, la società subentrata nella gestione dell'inceneritore di Borsano, di insistere con le amministrazioni comunali affinché venga svolta da un ente terzo, trasparente e indipendente, un’indagine epidemiologica e di individuare azioni tecniche per consentire la rilevazione dei dati relativi alle polveri sottili. Poi la richiesta al Comune: «Si assuma la responsabilità di tutelare il diritto alla salute dei suoi cittadini, principio sancito dalla Costituzione, finora ignorato in nome di calcoli economici». Infine, l'affondo sull'economia circolare «tanto decantata ma pura retorica; non esiste impianto di incenerimento che rientri lontanamente in questo novero». Riceviamo e pubblichiamo.
La nota di Sinistra Italiana Busto Arsizio
«Inceneritore di Borsano: cambia la società, aumentano i problemi»
«Secondo l’Institute for Global Health con sede a Barcellona, che monitora ogni anno l’impatto dell’inquinamento su più di mille città europee, Busto Arsizio è al diciannovesimo posto per inquinamento in Europa e all'undicesimo posto in Italia per i suoi livelli d’inquinamento atmosferico.
La domanda sorge spontanea: che senso ha tenere aperto un inceneritore inutile e obsoleto che contribuisce in maniera importante sull’inquinamento della zona in cui viviamo?
Nelle ultime settimane i livelli di PM10 nel territorio sono schizzati superando ogni soglia critica, raggiungendo picchi di 156 μg/m3; ancor più allarmanti sono i livelli di PM 2.5 che sono da bollino “nero scuro”.
Come se non bastasse, di recente è stato pubblicato uno studio condotto dal Centro ricerche in Epidemiologia e Medicina Preventiva (EPIMED) dell’Università dell’Insubria pubblicato sull’autorevole Occupational e Environmental Medicine - svolto tra l’altro insieme a Regione Lombardia - il quale ha rilevato come l’inquinamento atmosferico può aumentare il rischio di infezione del virus Sars-Cov 2.
I dati ufficiali dell’Agenzia Europea dell’Ambiente pubblicati nel novembre 2020 ribadiscono l’allerta per la correlazione tra aumento del rischio di morti premature e alti livelli di inquinamento atmosferico.
Dalla lettura dei dati si evince che la concentrazione di PM 2.5 nell’aria è la causa più rilevante per morti premature nel Vecchio Continente: in questa speciale classifica l’Italia è vergognosamente al primo posto insieme alla Germania. A questo proposito, a Busto Arsizio non è consentito ai cittadini conoscere i reali valori di PM 2.5 presenti nell’aria che respiriamo perché la centralina di monitoraggio non rileva i valori reali di questo agente inquinante ma ne stima la quantità presente sulla base di modelli statistici. In questo particolare momento storico, dove urge più che mai un monitoraggio capillare, le centraline a Busto Arsizio sono passate da tre a una sola (in periferia), rendendo di fatto impossibile conoscere l’aria che respirano agli abitanti delle zone centrali del nostro Comune.
Condanniamo quindi l’assenza di dati chiari e precisi che possano tenere informati i cittadini in merito a un diritto primario come quello della salute e chiediamo che la centralina sia immediatamente ammodernata al fine di garantire trasparenza per gli abitanti della città e l’installazione di una centralina in centro città con la qualifica “traffico” per monitorare le concentrazioni di sostanze inquinanti di chi vive in città.
Sosteniamo, inoltre, a pieno titolo il lavoro esemplare di ricerca e divulgazione che con grande abnegazione e professionalità sta svolgendo il Comitato No Inceneritore di Busto Arsizio - a cui va un sentito ringraziamento per l’opera di sensibilizzazione che sta svolgendo sul territorio - e ci uniamo alla battaglia per la chiusura immediata dell’impianto di incenerimento di Borsano. Non solo: dal momento che, con la soppressione di Accam e la nascita di Neutalia, gli attuali soci risultano le società pubbliche Agesp Amga, Cap Holding, Ala e Asm (le prime due municipalizzate) ci allineiamo col Comitato No Inceneritore di Busto Arsizio nel chiedere alla neonata azienda di intervenire (tramite gli amministratori delegati delle due municipalizzate) per chiedere ai sindaci di Busto e Legnano di avviare un’indagine epidemiologica congiunta per valutare l’impatto che l’impianto di Borsano ha sulla nostra comunità.
La richiesta è tanto più legittima in quanto si tratta di investimenti fatti con soldi pubblici: questo business - pagato dai contribuenti - punta solo al profitto dell’azienda o ha a cuore anche la salute di chi vive nel territorio? È un nostro diritto saperlo; è un dovere degli amministratori occuparsi della salute dei cittadini che governano!
È una responsabilità a cui la maggioranza di palazzo Gilardoni non si può sottrarre dal momento che si tratta di un dovere scritto a chiare lettere nell’articolo 32 della nostra Costituzione, così lungimirante a al tempo stesso troppo spesso calpestata: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività”. Non siamo a chiedere la luna, solo il rispetto di un diritto fondamentale dell’uomo, già messo a repentaglio dalle privatizzazioni selvagge in ambito sanitario volute dalle giunte di centrodestra che hanno guidato e guidano Regione Lombardia. Covid docet.
Infine, è bene sottolineare come la tanto decantata “economia circolare” sponsorizzata dalla nuova società sia pura retorica propagandistica. Il Parlamento Europeo nel suo sito ufficiale chiarisce la definizione di economia circolare e ne delimita il perimetro di attività: non esiste impianto di incenerimento che rientri lontanamente nel novero delle cosiddette “economie circolari”. E non potrebbe mai esserlo, dal momento che si genera rifiuto da un’attività altamente inquinante in un contesto ambientale già fortemente compromesso da elevati livelli di inquinamento globale.
Altro che economia circolare! Si tratta di pura economia lineare che ha come fine l’incenerimento finale del rifiuto. Non solo. Per risanare i debiti societari, l’inceneritore dovrà bruciare sempre più rifiuti (anche quelli classificati come pericolosi e dunque più redditizi) provenienti da ogni parte del Paese.
Questa sarebbe “economia circolare”? Tutto ciò sembra surreale, eppure a Busto Arsizio succede».