La cerimonia termina e nessuno se ne va. Cimitero monumentale di Gallarate, presentazione delle pietre d’inciampo. Ricordano Clara Pirani Cardosi, Lotte Froëhlich Mazzuchelli, Vittorio Arconti. È mezzogiorno, minuto più minuto meno, del 23 gennaio 2022. C’è il “rompete le righe” ma i partecipanti non prendono la via che porta all’uscita. Forse nemmeno se ne accorgono. Cosa fanno? Si avvicinano. Alle pietre che portano i nomi di Clara, Lotte, Vittorio. Gallaratesi, per nascita o adozione, tutti e tre. Finirono nel tritacarne della seconda guerra mondiale. Anche nei lager. Vivevano dove si vive oggi. Nelle strade e nelle piazze della città. Le pietre saranno posizionate vicino alle loro abitazioni. Il ricordo, fra l’altro, di Rom e Sinti nel discorso di Michele Mascella.
L’ultima residenza di Vittorio fu in via Mameli, piazza Garibaldi per Lotte, via Palestro/Del Popolo per Clara. In ognuno dei tre punti ci sarà un’occasione d’inciampo. E la perdita d’equilibrio costringerà a pensare. Ad approfondire. A ricordare. Morta ad Auschwitz, Clara. «Condivise – ha ricordato Ester De Tomasi, presidente Anpi della Provincia di Varese - una parte del percorso con mio padre. Carcere di San Vittore, poi Fossoli, Verona e Bolzano. Infine il campo di concentramento, lui a Mauthausen, lei ad Auschwitz. Era minuta e fragile, aveva due figlie adolescenti e una piccola, tre anni».
Lotte cercava di riparare in Svizzera. Angelo Bruno Protasoni, associazione Mazziniana: «Era fra i pochi ebrei rimasti in Italia. Fu arrestata a Meina dalle SS. E, con altri, giustiziata, zavorrata e gettata nel lago Maggiore. Si voleva fare perdere ogni traccia di queste persone. Le sue spoglie sono qui». Vittorio Arconti? Lo ha ricordato la professoressa Guja Baldazzi: «Era comunista. Quando i fascisti organizzavano delle manifestazioni veniva preventivamente arrestato. Nato a Lonate Pozzolo, residente a Gallarate». Fu tra i promotori degli scioperi in fabbrica che costarono la vita a tanti, tra Busto Arsizio (Comerio Ercole) e Legnano (Franco Tosi). Deportato nel girone infernale di Mauthausen, esalò l’ultimo respiro nel famigerato castello di Hartheim.
Cerimonia officiata da Michele Mascella (Anpi): l’arrivo delle “Pietre d’inciampo”, opera dell’artista Gunter Demnig, è il frutto di un lavoro pluriennale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, sezione di Gallarate, e dell’Associazione Mazziniana. Rappresentanza del Consiglio comunale (i consiglieri Margherita Silvestrini, Carmelo Lauricella, Cesare Coppe, assessore Chiara Allai). L’assessore Claudia Mazzetti: «Le atrocità del passato sono devastanti. E il passato non si può cancellare. Ma ci aiuta a evitare di ripetere gli stessi errori». Al professor Restelli la ricognizione storica sugli anni tragici del secondo conflitto mondiale: «Oltre 800.000 italiani conobbero la prigionia. Molti la morte oltre le Alpi. Da Legnano furono deportati in 30, da Busto in 50, da Gallarate una decina […] Ma possiamo insegnare ai nostri figli e ai nostri studenti che esiste solo una razza. Quella umana».
Finisce qui? Protasoni sui concittadini che persero la vita in circostanze tragiche ha fatto due nomi: Egidio Checchi (alle Fosse Ardeatine) e Giuseppe Rossi ( Mauthausen). La memoria non assolve. La memoria, semplicemente, prosegue il suo percorso.