Oltre 17.332 nuovi casi nel giorno di Natale, record assoluto per la nostra regione dallo scoppio della pandemia, e quasi 55mila in tutta Italia. Numeri che appena poche settimane fa sembravano ormai lontani anni luce. Ieri una crescita più contenuta: 4.581 positivi in Lombardia, 24.883 in Italia, ma alla luce di molti meno tamponi.
L'ingresso in scena della variante Omicron con la sua alta trasmissibilità, alla quale però sembra poter fungere da contraltare una minore gravità dell'infezione, combinata comunque al progredire della campagna vaccinale, ha spinto il Governo a stringere ancora una volta le maglie su eventi, assembramenti, uso delle mascherine e del Super Green Pass per non tornare a mettere sotto sforzo il sistema sanitario nazionale.
Perché è normale: più il virus circola, più la possibilità che raggiunga i soggetti fragili o quelli la cui protezione da vaccino è calata e attendono ancora la terza dose, si alzano.
Chi però alza la sua voce fuori dal coro degli allarmisti, come lui stesso li ha definiti, è il professor Matteo Bassetti. Dopo aver espresso, alla vigilia di Natale, il desiderio di non farsi spaventare dalle varianti del Coronavirus senza "farci sentire sconfitti", il direttore della clinica di Malattie Infettive del San Martino di Genova lancia un allarme sul tracciamento e sui criteri con cui si pongono in quarantena i contatti di positivi.
«Se continuiamo con queste regole, per ogni persona risultata positiva al Covid-19 ci sono 50 persone che devono stare a casa ma ormai, per l'ampia diffusione del virus, il tracciamento non ha più senso - ha detto il primario in un'intervista rilasciata all'agenzia Lapresse - Dobbiamo smettere di pensare che se qualcuno ha il tampone positivo pensa di essere appena uscito dal reattore nucleare di Chernobyl perchè non è così. Continuando con questa strategia, tra un mese rischiamo di avere l'Italia ferma».
Insomma, un messaggio definibile quasi decisamente controcorrente rispetto ad altri colleghi, perché, aggiunge Bassetti, serve trovare una nuova normalità, inevitabilmente per ora diversa da quella di epoca pre pandemica, secondo la quale convivere col virus: «Se continuiamo in questo modo a fare tamponi a tutti, anche a chi non sintomi o magari ha un raffreddore, cosa potrebbe accadere il 25 gennaio con magari 1,5 milioni di persone contagiate? Vorrebbe dire avere 10 milioni di persone ferme e in quarantena».
Altrimenti, conclude l'infettivologo genovese, «si rischia di avere un Paese ingessato».




