La dolce Vita - 20 agosto 2021, 07:00

Diabete e cure palliative per migliorare la qualità della vita. Di pazienti e familiari

Il diabete mellito rappresenta oggi una delle malattie croniche più diffuse e potenzialmente più subdolamente debilitanti: dovrà essere preso in considerazione un approccio multidisciplinare, che preveda scenari diversi

Il dottor Gianni Morandi

Il dottor Gianni Morandi

Una serie di meccanismi fisiopatologici, delle alterazioni anatomopatologiche, un elenco di sintomi: questa è la malattia sulle pagine di qualunque trattato di clinica medica o chirurgica. La malattia vissuta è invece un groviglio di sofferenze, dolore, paure e limitazioni di ogni genere.

Vale per il paziente (“colui che patisce”, non colui che ha pazienza!) e per chi ne condivide le ore ed i giorni di negatività.                               

Da questo nascono e si sviluppano le cure palliative, percorsi che mirano, in determinate patologie, al miglioramento della qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari. Grava, purtroppo, su tale tipo di trattamento, un concetto storicamente radicato, anche nella mente del medico: quello di cure riservate al malato oncologico terminale o, al più, al soggetto inserito in ambiti patologici molto limitati, soprattutto di tipo neurologico, e prevalentemente nel fine vita. 

Forse, però, è giunto il momento di allargare i confini delle cure palliative anche ad altre realtà, come il diabete mellito. Ancora oggi, di fatto, il diabete è nel pensiero di molti (anche nelle professioni sanitarie) semplicemente un’alterazione della glicemia. Sappiamo invece come siano possibili complicanze, soprattutto cardiocircolatorie e neurologiche, in grado di segnare profondamente la qualità di vita del paziente e della sua famiglia.

Le cure palliative devono basarsi infatti su “individuazione precoce, valutazione e trattamento del dolore e dei problemi fisici, psicologici e sociali legati” alla malattia (P. Ferrari, JMD, 4, 248-253, 2016): condizioni non rare in un diabete complicato. Tutto ciò deve avvenire tenendo sempre in considerazione non solo il disagio del paziente, ma, obbligatoriamente anche quello della famiglia, che rischia di vedere sovvertiti ritmi, abitudini, rapporti interpersonali, condizioni economiche e relazioni sociali.

In questo contesto, la modalità classica di intervento e gestione, basata sul modello specialistico ambulatoriale, mostra impietosamente i suoi limiti. Dovrà quindi essere preso in considerazione un approccio multidisciplinare, che preveda scenari diversi, che vanno dall’ospedale all’hospice, dal domicilio all’Rsa… Le cure palliative dovranno essere prese in considerazione in qualunque momento della vita e potranno affiancare, ovviamente, le terapie già normalmente e correttamente attuate per la patologia o le patologie di base.

Altri professionisti affiancheranno quindi, senza sostituirle, le figure del medico di base o dello specialista diabetologo. Volutamente queste note non entrano nel dettaglio dei trattamenti possibili per le varie complicanze del diabete, argomento troppo sfaccettato ed ampio per trovare spazio e per costituire lo scopo di queste riflessioni.

In conclusione, il diabete mellito rappresenta oggi una delle malattie croniche più diffuse e potenzialmente più subdolamente debilitanti. Con tempi e modi molto diversi da un soggetto all’altro, le complicanze croniche di tale malattia possono pregiudicare severamente la qualità di vita di una persona e del suo nucleo familiare. Pur tenendo conto dei numerosi cambiamenti, anche di tipo economico, che stanno caratterizzando questi anni e che stanno condizionando la politica sanitaria, non ci si può esimere dal prevedere per il diabete nuove modalità di intervento, come appunto le cure palliative, volte doverosamente ad assicurare una esistenza più dignitosa a chi si trova a gestire una vita segnata da un diabete pluricomplicato o associato a diverse comorbilità.

Gianni Morandi

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