Valle Olona - 13 aprile 2021, 09:10

Castellanza, don Gianni Giudici: «Con la pandemia ho trovato una grande comunità che aiuta»

Il responsabile della comunità pastorale di San Giulio racconta le difficoltà quotidiane che la parrocchia ha affrontato in questi mesi di pandemia. Sottolinea il grande impegno dei volontari, della Caritas. «C'è il grande cuore di chi aiuta e chi, purtroppo, è diventato più pretenzioso»

Don Gianni Giudici. Sotto: la chiesa parrocchiale di San Giulio a Castellanza

Don Gianni Giudici. Sotto: la chiesa parrocchiale di San Giulio a Castellanza

L’anno appena trascorso ha indubbiamente trasformato (e stravolto) la vita di ciascuno di noi. A raccontare quanto abbia influito sulla comunità di Castellanza è il parroco, don Gianni Giudici, che spiega le difficoltà quotidiane dovute alle chiusure e i cambiamenti che ha riscontrato con il passare dei mesi.

Quali sono state le difficoltà che la parrocchia ha affrontato in questi mesi di pandemia?

«Diverse. Innanzitutto, la mancanza della dimensione celebrativa della Messa (penso soprattutto al lockdown di marzo): la comunità vive del suo ritrovarsi attorno all’altare.

Far capire alla gente che quella rinuncia era per un gesto di bene nei confronti di quei fratelli e di quelle sorelle più fragili, per età e salute, è stato davvero arduo.

Però, è stata anche l’occasione per ribadire il vero senso della Messa, della preghiera: non abbiamo perso occasione per aiutare a capirne il valore anche in una situazione di distanziamento.

Una seconda difficoltà è stata la grande richiesta di aiuto a causa di perdite di lavoro, di malattia, di situazioni già fragili che la pandemia ha acuito.

Per fortuna la Caritas parrocchiale ha saputo lodevolmente far fronte alle tante richieste e la gente non si è tirata indietro nel prestare aiuto in molteplici modalità. Nello scorso anno, la Parrocchia ha utilizzato 60 mila euro per la carità. Non sarebbe stato possibile senza l’aiuto di privati e di altre realtà attente alla solidarietà».

Come siete riusciti a portare avanti le attività come il catechismo, gli incontri e l’oratorio durante l’ultimo anno?

«Abbiamo anche noi imparato ad usare i vari mezzi di comunicazione “a distanza”: dirette streaming, videochat, YouTube. Nulla a che vedere con le attività in presenza, certo, ma per fortuna la tecnologia oggi ci mette a disposizione questi servizi.

Inizialmente abbiamo fatto la scelta di non trasmettere le messe in diretta: ci siamo concentrati maggiormente su un’offerta più di riflessione e preghiera “familiare”.

Ricordo la quaresima dell'anno scorso: ogni sera la preghiera delle 20.50; le lectio bibliche sui Vangeli domenicali e non solo; i momenti preparati per i più piccoli e per gli adolescenti. Non siamo stati con le mani in mano e non ci siamo isolati.

Per quanto riguarda l’Oratorio, si è proceduti a singhiozzo tra aperture e chiusure.

La sensazione, però, è stata quella che nelle aperture ci fosse una maggiore partecipazione, ancora di più che nei tempi pre-pandemia. Anche alla ripresa delle messe domenicali abbiamo avuto la sorpresa di un maggior numero di ragazzi alla celebrazione loro dedicata».

Quali sono state le conseguenze della pandemia sulla comunità?

«Onestamente devo dire che la pandemia ha chiuso i cuori di molti.

In tanti si sono rimboccate le maniche e si sono messi generosamente a servizio della comunità (sto pensando a più di 100 volontari che ormai da un anno accolgono i fedeli alle messe, puliscono sedie e pavimenti della Chiesa dopo ogni celebrazione), ma tanti altri sono diventati “pretenziosi”».

Quali sono state le “categorie” più colpite dai provvedimenti messi in atto per combattere la pandemia?

«In primis, personalmente, sono molto preoccupato per la realtà giovanile: è quella che più ha bisogno della relazione con gli amici, di vivere i propri anni (soprattutto medie e adolescenti) nella sperimentazione delle dinamiche di gruppo.

La maggior parte di loro, chiusi in casa, è lasciata sola davanti ad uno schermo nel quale la realtà non è rappresentata.

In seconda battuta sono preoccupato per molte famiglie e per la situazione del lavoro: che ne sarà quando il blocco dei licenziamenti sarà rimosso? Come comunità cristiana dobbiamo essere pronti a sostenere».

Loretta Girola

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