Una lettera che è un appello, prima di tutto alla Costituzione italiana e poi al diritto al lavoro, all'istruzione, all'uguaglianza o forse solamente al buon senso, quella scritta da tre operatrici sanitarie e mamme della provincia di Varese, due dottoresse e un'infermiera.
«La presente lettera non intende suscitare polemiche ma far riflettere su un sistema che ha preteso il rispetto dei doveri senza garantire i diritti - si legge nella missiva firmata dalle dottoresse Emanuela Dyrmishi e Federica Rainoldi e dall'infermiera Marina Ianni - ci riferiamo soprattutto alla categoria sanitaria che rappresentiamo, ma anche a tutti quelli che per il bene della comunità hanno continuato a lavorare garantendo la presenza sul posto di lavoro. Mentre siamo stati acclamati come eroi, in quanto abbiamo sempre garantito continuità sanitaria assistenziale, nel contempo noi e i nostri figli siamo stati abbandonati a noi stessi».
«Ci troviamo nella situazione in cui garantiamo la nostra presenza sul luogo di lavoro ma ai nostri figli non è garantito l'accesso a scuola - prosegue la lettera - è venuto a cadere anche l'aiuto del bonus per l'acquisto dei servizi di baby-sitting, perché di fatto le baby sitter si rifiutano di entrare nelle nostre case in quanto siamo ritenuti, proprio a causa del nostro lavoro, maggior eventuale veicolo di contagio. In questo modo viene calpestato l'articolo 4 della Costituzione, in cui si riconosce il diritto al lavoro. Siamo invece nella circostanza in cui il Governo e la Regione invece che promuovere il nostro diritto al lavoro lo rendono difficoltoso se non impossibile».
«Le ordinanze che vengono emanate da un giorno all'altro - aggiungono le tre operatrici sanitarie -oltre a mettere in ginocchio le famiglie che lavorano, ledono gravemente i diritti dei minori, in palese violazione degli articoli 3 e 34, l'accesso alla scuola viene garantito soltanto ai bambini con certificazione di disabilità o bisogni educativi speciali, dimenticando tutti gli altri». L'articolo 3 sancisce la pari dignità e l'uguaglianza di tutti i cittadini, mentre l'articolo 34 garantisce come la scuola sia aperta a tutti.
«Dal nostro punto di vista - concludono le due dottoresse e l'infermiera - ci è negata la possibilità di svolgere adeguatamente il nostro lavoro, considerato "essenziale" in quanto ci troviamo nella situazione di dover scegliere tra l'accudimento dei figli, ai quali, nel contempo, è negato l'accesso alla scuola e continuare a prestare la nostra attività lavorativa. E' quindi necessaria una presa di posizione su tale paradosso, in modo che, nello svolgimento del nostro dovere professionale e genitoriale, siano anche garantiti i nostri diritti».