È un grido accorato, che unisce l'amarezza della situazione attuale, tra incertezza costante e annunci di continui cambiamenti per i pubblici esercizi, spesso il giorno prima, e l'affetto dei clienti.
Così il Barbaresco Enopub affida a un lungo post la descrizione di quest'anno terribile e l'annuncio di nuovi orari a Legnano e Gallarate. Senza escludere nulla, neanche di poter essere costretti a chiudere, «forse temporaneamente o forse definitivamente».
«Hanno vinto loro»
A partire da settimana prossima - intanto annuncia - il locale di Legnano aprirà solo dal mercoledì alla domenica mentre quello di Gallarate sarà aperto dal lunedì al venerdì: «Non abbiamo ancora idea su cosa fare nel weekend, appesi a decisioni tra zone arancioni, rosse, gialle, arancioni con sfumature rosse, bianchi a pois neri e giallo fosforescente o qualsiasi altra invenzione che ci sarà comunicata "tempestivamente" il giorno prima».
E rimarca: «Dopo un anno di resistenza, purtroppo dobbiamo arrenderci e dichiarare che hanno vinto loro. Difficile spiegarvi il nostro stato d'animo, ma vogliamo provarci: siamo sfiniti, esausti, demotivati, frustrati e depressi ( abbiamo reso l'idea?). Sono ormai molti i mesi passati a lavorare per la gloria senza avere modo di garantirci anche un minimo stipendio e l'unico motivo per cui noi soci ci alziamo al mattino ed apriamo la porta del Barbaresco è per l'affetto che ci avete sempre dimostrato in questo periodo; vi assicuriamo che non sono frasi di circostanza, ma è pura verità e l'unica fonte di gratificazione al momento attuale».
In effetti, appena è stato postato il messaggio, numerosissimi i messaggi di affetto e di incoraggiamento dai clienti.
Il Covid non è il problema, quanto la sua gestione, si rimarca: «Noi ristoratori siamo tragicamente nella medesima situazione di 365 giorni fa con l'aggravante di un anno di mancati incassi, di finanziamenti che le banche vogliono riscuotere e soprattutto di promesse mai mantenute da chi ci governa e da chi ci dovrebbe tutelare. Dopo 17 anni di lavoro e sacrifici ci ritroviamo a livello societario economicamente azzerati e singolarmente costretti a chiedere come 20 anni fa le paghette mensili ai nostri genitori, ma in questo caso per mantenere mogli e figli. Il tutto potrebbe anche accadere ed essere accettato se le colpe fossero nostre, ma quando si è in questa posizione per demeriti di terzi allora tutto cambia».
Che confusione
La storia viene ripercorsa così: «A fine febbraio ci viene imposta la chiusura alle 18; a inizio marzo lockdown totale con sola possibilità di delivery: a metà maggio riapertura con nuove normative per evitare il contagio a cui ci siamo adeguati; a ottobre le regioni vengono colorate e da lì si apre e si chiude più volte con la costante della chiusura alle 18 e il permesso per il delivery».
E i ristori? Come no: «A fronte di una perdita di fatturato di oltre 400mila euro ci viene ristorato in 3 momenti differenti un totale di 30mila euro a livello societario e 1200 euro ai singoli soci. Del famoso ristoro per le chiusure natalizie si sono perse le tracce . La cassa integrazione dei dipendenti arriva senza una scadenza mensile certa, ma a sorpresa senza sapere quale sia il criterio».
A questo punto, come programmare? «Si rischia di fare debiti senza sapere se il giorno dopo sei aperto o chiuso e a lungo andare lo sfinimento prevale su tutto - si osserva ancora - Purtroppo i "tenete duro" e "non mollate" per quanto ci facciano piacere e siano più che apprezzati non bastano più e speriamo vivamente che nel giro di pochissime settimane la situazione si risolva una volta per tutte».
Nel caso di uno spiraglio del genere, insomma, il Barbaresco non ha dubbi: «saremo i primi ad aprire con la stessa passione, motivati come sempre, ma se così non fosse, devastati nell'anima e nel morale dovremo salutare e chiudere una parte fondamentale della nostra vita e nel "nostro piccolo" anche della vostra».