Cultura - 02 dicembre 2025, 07:45

Dalla mammana all’ostetrica: un viaggio attraverso i secoli alla scoperta di un mestiere che ha cambiato la storia con l’Università cittadina

Una conferenza al Museo del tessile di Busto Arsizio approfondirà l’evoluzione delle levatrici, dalle antiche mammane alle moderne ostetriche. La prof Daniela Franchetti guiderà il pubblico attraverso secoli di storia sociale, pregiudizi e conquiste professionali femminili. Un’occasione per comprendere come questa figura abbia accompagnato e trasformato il modo di dare alla luce e di assistere le donne

Mercoledì 3 dicembre alle 15.30, nella sala del Museo del tessile di Busto Arsizio, si terrà l’ultima conferenza della sessione autunnale dell’Università cittadina per la cultura. Ospite della giornata sarà la professoressa Daniela Franchetti, chiamata a guidare i soci dell’Università in un percorso affascinante che intreccia storia, società e ruolo femminile: Dalla mammane alle ostetriche: il lungo viaggio delle levatrici nella storia.

La relatrice: una studiosa della storia sociale e delle istituzioni

Daniela Franchetti, dottore di ricerca in Storia delle istituzioni e della società nell’Europa contemporanea, ha alle spalle una lunga esperienza di insegnamento nelle scuole della provincia di Varese e una ricca attività di collaborazione con l’Istituto varesino per la storia dell’Italia contemporanea “Ambrosoli”. La sua produzione scientifica comprende numerosi articoli e saggi dedicati alla storia sociale e politica, oltre al libro La scuola ostetrica pavese tra Otto e Novecento, frutto di un approfondito lavoro di ricerca su una delle istituzioni formative femminili più significative dell’epoca moderna.

Alle origini di un mestiere antico quanto l’umanità

Il mestiere della levatrice affonda le sue radici nella notte dei tempi, quando assistere una donna al parto era un compito affidato ad anziane esperte di rimedi e conoscenze tramandate oralmente. Nell’antichità il parto era un universo esclusivamente femminile: gli uomini ne erano esclusi, pur essendo medici maschi a redigere i primi trattati di ginecologia. La segretezza che circondava la nascita alimentava sospetti e credenze e alle levatrici venivano talvolta attribuite pratiche magiche o stregonesche.

L’avvento dell’ostetricia moderna e il cambiamento del ruolo femminile

Il Seicento segnò un passaggio epocale. L’ingresso dei “chirurghi ostetricanti” nella scena del parto e la nascita dell’ostetricia moderna trasformarono la percezione delle levatrici e accentuarono pregiudizi che andavano avanti da secoli. Sarà poi il Settecento, il secolo dei Lumi, a dare una svolta decisiva grazie alla crescente attenzione per la salute di madri e neonati. Nasce così la figura della levatrice moderna, formata attraverso percorsi di studio e pratica negli ospedali di maternità. Anche in Italia, nel XVIII secolo, sorgono le prime scuole di ostetricia “minore”, destinate alle donne.

Tra professione e marginalità: il confronto con le “mammane”

Mentre gli Stati iniziavano a organizzare servizi di assistenza alle partorienti più povere, le levatrici diplomate trovavano occupazione all’interno delle condotte, conquistando una forma di autonomia professionale e sociale. Tuttavia, molte “mammane”, pratiche ma prive di titoli, continuarono a esercitare in modo abusivo, creando tensioni con le ostetriche qualificate fino ai primi decenni del Novecento.

Il Novecento e la trasformazione della professione

Nel corso del XX secolo la scolarizzazione delle ostetriche aumentò, sostenuta anche dalle prime associazioni professionali. Pur subordinate al medico, conservarono un ruolo essenziale soprattutto nei parti domiciliari, ancora molto diffusi fino alla metà del secolo. L’ospedalizzazione del parto, che in Italia si affermò pienamente negli anni del boom economico, cambiò radicalmente il volto della professione. Le condotte ostetriche furono soppresse nel 1978, ma la figura dell’ostetrica non scomparve: continua a essere fondamentale negli ospedali e nelle case delle donne che scelgono il parto domestico.

L.Vig.