Nel silenzio assorto della sala principale, punto, linea e superficie sembrano ancora vibrare, come se Kandinsky fosse presente, pronto a ripetere il suo celebre assioma: «Il punto crea la linea e la linea crea lo spazio». È con questo spirito che il Maga di Gallarate inaugura la mostra Kandinsky e l’Italia, un progetto che non è soltanto un’esposizione, ma un vero connettore di memorie, geometrie e ricerche spirituali.
Dal 30 novembre 2025 al 12 aprile 2026, il museo gallaratese accoglie 130 opere — tra cui venti autentici nuclei kandinskiani — provenienti da Ca’ Pesaro, dal Maga stesso e da importanti collezioni pubbliche e private. L’intento curatoriale, firmato da Elisabetta Barisoni e da Emma Zanella, è quello di restituire la genealogia dell’astrazione in un percorso che intreccia Bauhaus, avanguardie europee e la stagione italiana tra gli anni Trenta e Cinquanta.
Il legame Ma*Ga - Venezia: una grammatica condivisa
Il rapporto tra Gallarate e Venezia è il fulcro da cui si irradia l’intero progetto. Non si tratta di un semplice scambio di opere, ma di una collaborazione che riconosce, da un lato, la tradizione lagunare come culla dell’arte moderna italiana e, dall’altro, la vocazione del Maga come laboratorio di contemporaneità.
Venezia mette a disposizione i propri capolavori, spesso invisibili perché custoditi nei depositi museali: «Venezia deve restituire la sua bellezza, aprirsi al territorio», dichiara Maria Cristina Gribaudi. «Aprire i nostri depositi significa portare fuori la bellezza. I Kandinsky sono come fratelli e sorelle che dopo tanti anni tornano insieme e si ritrovano».
Per Gallarate, questa mostra rappresenta un atto di coraggio culturale. Il sindaco Andrea Cassani non ha dubbi: «Non possiamo reggere il paragone con Venezia, ma Gallarate ha avuto la passione e l’energia, anche grazie a tanti imprenditori, di scommettere sull’arte e vincere».
Il presidente del Maga, Mario Lainati, sintetizza così lo spirito della collaborazione: «Questa mostra ci porta a dialogare con Venezia». Un dialogo che continua da anni, ma che oggi raggiunge una nuova maturità.
Le sezioni della mostra
La prima sezione ricostruisce l’Europa del primo astrattismo: Kandinsky al Bauhaus, Paul Klee con la sua “scrittura dello spirito”, e poi Arp, Miró, Calder, Tàpies — una costellazione artistica che dà forma a un continente in fermento, dove la figurazione cede il passo alla vibrazione interiore.
La seconda sezione scava nella relazione tra Kandinsky e l’Italia: la storica mostra del 1934 alla Galleria del Milione diventa il punto di contatto da cui si sviluppa una sensibilità nuova. In quegli anni Fontana, Licini, Melotti, Rho, Prampolini e gli altri protagonisti dell’arte non-oggettiva trovano nei principi kandinskiani un alfabeto per superare il naturalismo e oltrepassare le retoriche dominanti.
La terza sezione racconta il secondo dopoguerra, quando l’astrattismo diventa un terreno fertile per le generazioni più giovani. I nomi sono quelli che hanno definito un’epoca: Accardi, Dorazio, Capogrossi, Vedova, Perilli, Sanfilippo. Tutti interpreti di un’eredità che evolve nel gesto informale e nell’espressionismo astratto.
Le voci delle istituzioni
La mostra è anche un territorio di incontro istituzionale, e lo si percepisce chiaramente nelle parole di chi sostiene il progetto.
Marco Magrini, presidente della Provincia di Varese, pone l’accento sull’esperienza diretta del visitatore: «A prescindere dall’essere o meno esperti d’arte, quello che mi aspetto quando visito un museo è emozionarmi. La Provincia è qui perché con Cultura 2030 il Maga è un punto di riferimento. Gallarate a volte viene raccontata per fatti negativi, invece raccontarla per l’arte e la cultura è più importante».
L’assessore alla Cultura del Comune di Gallarate, Claudia Mazzetti, evidenzia il valore della ricerca: «Come l’astrattismo ha influenzato anche la nostra arte tra gli anni ’30 e ’50 in un bellissimo dialogo tra Kandinsky e i nostri tesori del territorio. Un lavoro di ricerca e passione che ci ha coinvolti per diversi anni».
Infine, la voce di Regione Lombardia attraverso l’assessore Francesca Caruso: «Dobbiamo cambiare la narrazione: la Lombardia è una regione altamente culturale e non ha nulla da invidiare al Veneto. È la regione che vanta il primato per siti Unesco e ville del Fai».
Le parole dei curatori
Il progetto curatoriale si muove su una direzione precisa. Elisabetta Barisoni lo descrive così: «Si tratta di una nuova avventura per le collezioni civiche di Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d'Arte Moderna, in dialogo attraverso i decenni del ’900 con le opere del Museo Maga di Gallarate e di importanti raccolte pubbliche e private. Sono sicura che l'esposizione possa costituire un rinnovato momento di riflessione sul portato rivoluzionario delle avanguardie storiche e in particolare dell'astrattismo di Kandinsky e dei suoi sodali, fino alle correnti del secondo dopoguerra».
Emma Zanella, direttrice del Maga, aggiunge: «La mostra rappresenta un’importante opportunità di collaborazione tra due prestigiosi musei dedicati alle arti contemporanee, che si sono uniti per condividere il progetto curatoriale, le collezioni e le risorse umane altamente specializzate. Questa sinergia promuove una valorizzazione reciproca e rafforza il ruolo delle arti contemporanee nel panorama culturale italiano».
Il Maga come laboratorio del futuro
Non è un caso che la mostra rientri nelle iniziative dell’Olimpiade Culturale di Milano Cortina 2026 e nel progetto Varese Cultura 2030. È la conferma che Gallarate sta costruendo una propria identità culturale riconosciuta. E il Maga, ancora una volta, si dimostra un avamposto capace di intrecciare linguaggi, territori e patrimoni.
Kandinsky e l’Italia non è solo una mostra: è la dimostrazione che l’astrazione, oggi come un secolo fa, continua a creare ponti. Tra città, generazioni e visioni. Tra Gallarate e Venezia, soprattutto. Una linea che unisce. Un punto che genera spazio.