Cultura - 27 novembre 2025, 12:45

Elena Granata alla Liuc: quando l’architettura sbaglia e la città ci presenta il conto

Una lezione che attraversa gli errori più clamorosi dell’architettura e dell’urbanistica per mostrare come gli sbagli plasmino le nostre città. Elena Granata, ospite del ciclo “Errare è umano” alla Liuc, racconta come il fallimento possa diventare risorsa creativa e strumento di ascolto. Dalle icone nate per caso ai disastri generati da ideologie rigide: la città insegna, soprattutto quando inciampa

A volte basta una superficie troppo liscia, un terrazzo sbilanciato, un materiale scelto con leggerezza per capire quanto un errore possa incidere sulla vita quotidiana. È nelle crepe dei progetti più audaci, nelle panchine inutilizzabili dopo la pioggia, nelle stazioni che non guardano le persone, che la città ci parla. E spesso lo fa proprio attraverso gli sbagli. Da qui è partito l’incontro del 26 novembre alla Liuc, dentro il ciclo “Errare è umano”, dove Elena Granata ha mostrato come l’errore, in urbanistica e architettura, non sia solo un inciampo tecnico ma una chiave interpretativa del nostro modo di abitare il mondo.

La fragilità che rivela: perché l’errore è un tema urbano

Il percorso promosso dal Centro Pastorale Frassati mira a esplorare il fallimento come esperienza antropologica, come condizione universale che rivela vulnerabilità ma anche possibilità di riscatto. Non un’indagine astratta, bensì un viaggio nelle pieghe della precarietà contemporanea.
In questo scenario, Granata porta l’errore dentro il luogo in cui può diventare più decisivo: la città. Architettura e urbanistica, ricorda, sono discipline dove gli sbagli possono ricadere sulla vita di milioni di persone. Ma errare, nel suo significato originario, significa anche deviare, imboccare un’altra strada. E proprio in quel cambio di direzione può nascere innovazione.

Le icone nate da un inciampo

Granata conduce il pubblico in una galleria sorprendente di errori celebri. La storia dell’architettura, afferma, è piena di sbagli che hanno finito per trasformarsi in capolavori.
La Casa sulla Cascata, che rischiava di cedere se qualcuno non avesse saputo contenere il genio. Il Bosco Verticale, fondato su scelte tecniche rivelatesi fragili: piante inadatte e balconi stabilizzati solo con tiranti correttivi. Il ponte di Calatrava a Venezia, elegante ma scivoloso. Il Beaubourg di Renzo Piano a Parigi, avveniristico ma segnato da una rapida obsolescenza dei materiali.
Non è celebrazione dell’imprecisione: è riconoscere che senza osare – e dunque sbagliare – non esisterebbero molte delle architetture che hanno cambiato il nostro immaginario.

Quando l’errore diventa ideologia

Accanto agli sbagli creativi, vivono quelli che nascono da una visione distorta: l’illusione che basti edificare per generare città.
Granata cita le Vele di Scampia, nate da un’idea simbolica – la forma del Vesuvio – ma lontane dai bisogni reali degli abitanti. Poi gli edifici-lavatrice di Genova, il chilometro di case a Roma, Cascina Merlata: esempi di una progettazione che moltiplica volumi e sottrae qualità.
È il fallimento di un’ideologia che sacrifica umanità e privacy in nome dell’efficienza o della risposta pubblica immediata.

Gli errori che insegnano: dal bagno sbagliato alla città inaccessibile

C’è poi la lunga serie degli errori quotidiani, quelli che toccano chiunque: bagni pensati senza considerare tempi e bisogni diversi, panchine rosse impraticabili appena piove, sedute scomode allo stadio di San Siro, mezzi pubblici progettati per persone molto alte, sedie di design spettacolari ma instabili.
Qui l’errore non nasce dal genio, ma da una carenza di ascolto. “Basterebbe osservare quello che le persone fanno”, sottolinea Granata, “per evitare molti fallimenti progettuali”.

Quando la natura presenta il conto

Gli sbagli diventano devastanti quando la progettazione pretende di dominare la natura. Granata richiama le dighe crollate, il ponte Morandi, l’alluvione in Valnontey a Cogne: fiumi costretti in letti artificiali che reagiscono come detonatori idraulici.
Non si tratta di fatalità: è l’esito di un ostinato tentativo di piegare la natura, invece di ascoltarla. Lo stesso vale per le piazze-calde d’estate, per i materiali inadatti alle nuove condizioni climatiche, per le panchine progettate per allontanare i senzatetto.
La città non è una macchina da dominare: è un ecosistema con cui dialogare.

Errori che cambiano la storia

Il viaggio di Granata si allarga oltre l’urbanistica. Cita Leonardo, che sceglie tinte destinate a deteriorarsi nel Cenacolo; cita Cristoforo Colombo che, leggendo le carte al contrario, scopre un continente. A volte è l’errore a scrivere la storia.

Verso i prossimi incontri

Il ciclo “Errare è umano” proseguirà con gli interventi di Vittorio Pelligra, Rossana Andreotti e don David Maria Riboldi. Voci diverse pronte a mostrare come il fallimento non sia una macchia, ma una condizione generativa.
Perché senza deviazioni non esiste apprendimento. E senza sbagliare, la città – e l’uomo – non imparano mai.

Laura Vignati