Cultura - 26 novembre 2025, 17:18

Le banche bustesi: apogeo e declino all’università cittadina con il professor Pietro Cafaro

Una sintesi incisiva della parabola finanziaria bustese: dalla nascita delle prime banche locali nell’Ottocento all’ascesa ardita della Banca Italiana di Sconto, fino al suo crollo e alle successive rinascite territoriali. Il prof Pietro Cafaro ricostruisce ambizioni, fusioni e crisi che hanno modellato il tessuto economico di Busto Arsizio. Una storia di visioni audaci, fragilità strutturali e radici comunitarie che ancora oggi segnano l’identità finanziaria del territorio

C’era un’attesa viva, quasi sospesa, nell’aula dell’Università cittadina per la cultura popolare. Il prof Pietro Cafaro dell’Università Cattolica di Milano è tornato davanti al pubblico per chiudere un racconto che, in primavera, aveva lasciato tutti con il fiato in sospeso: la grande avventura – luminosa e drammatica – delle banche bustesi. Una storia di ambizioni, visioni ardite, cadute rovinose e rinascite tenaci, che attraversa più di un secolo di finanza, industria e identità locale.

Busto Arsizio, laboratorio di finanza tra Ottocento e Novecento
Cafaro ricomincia il viaggio dalla Banca Italiana di Sconto, ma prima offre un rapido sguardo alle origini. Nell’Ottocento, Busto Arsizio è già un cuore pulsante dell’economia lombarda. Nel 1882 nasce la Banca di Busto Arsizio, espressione degli industriali e protagonista dell’espansione del tessile. A fine secolo cresce un secondo polo, quello della finanza cattolica, con figure come Monsignor Tettamanzi, la Cassa Rurale del 1895 e soprattutto il Piccolo Credito Bustese del 1902, destinato a diventare una delle più forti banche cattoliche italiane.

Il 1911 segna un passaggio simbolico: la sede si sposta in piazza San Giovanni, accanto alla basilica. Poco dopo, con una fusione che vede in campo Angelo Pogliani, la banca si rafforza e prepara la sua ascesa.

L’età dell’audacia: la “Probank” e il sogno della banca nazionale
Tra 1912 e 1913 entra in scena il capitale francese. Le filiali diventano 56, la rete si irradia in Lombardia, Veneto e Piemonte: è il momento della Probank, una banca mista che intreccia credito e partecipazioni industriali, specializzata in energia, infrastrutture e grandi progetti. È un tentativo ambizioso di creare una banca nazionale radicata nel territorio ma proiettata verso il futuro.

Allo scoppio della guerra, il quadro muta. Nel 1914, sotto la spinta di Francesco Saverio Nitti, nasce un progetto ancora più ardito: fondere realtà diverse per dare vita a una banca “italianissima”. Nasce così la Banca Italiana di Sconto. Presidente è Guglielmo Marconi, il capitale iniziale è di 70 milioni, la testa e l’anima manageriale vengono da Busto Arsizio. Pogliani ne è amministratore delegato. Accanto a lui i fratelli Perrone dell’Ansaldo, protagonisti della stagione espansiva delle industrie belliche.

Busto, all’improvviso, diventa la capitale della finanza italiana. Ma non tutti condividono questa svolta: il mondo cattolico locale teme una banca troppo vicina agli interessi della guerra e sogna ancora un istituto radicato, prudente, territoriale.

Crescita, riconversione e crollo: la parabola della BIS
Durante la guerra, la Banca Italiana di Sconto raccoglie capitali in tutta Italia e alimenta la crescita vertiginosa dell’Ansaldo. Da 70 a 315 milioni: un’ascesa che sembra inarrestabile. Ma nel 1918 inizia la riconversione: l’economia deve tornare alla pace, l’inflazione galoppa, l’Ansaldo si dimostra fragile. La BIS prova operazioni rischiose – la scalata alla Comit, poi a diversi giornali – ma finisce intrappolata in un circolo vizioso di perdite e crediti inesigibili.

Nel 1921 arriva il crollo: corse agli sportelli, accuse di aggiotaggio, moratoria governativa, processo. La liquidazione viene affidata alla Banca Nazionale di Credito. Il palazzo di piazza San Giovanni, orgoglio della finanza bustese, diventa una filiale. Busto perde un pezzo della sua centralità. Le imprese faticano, il credito si assottiglia, la fiducia vacilla.

Rinascite brevi e nuove strade: gli anni tra le due guerre
La prima reazione arriva dalla Banca di Legnano, con Aristide Basilico. Nasce una breve collaborazione con Busto, ma nel 1923 le strade si dividono: Busto dà vita alla Banca Industriale Bustese. È un’esperienza breve, perché nel 1930 verrà assorbita dal Credito Italiano, prima di una rinascita effimera e di un nuovo assorbimento, nel 1935, da parte del Credito Varesino.

Nel frattempo, un’altra storia prende forma: il 5 settembre 1922, un giovane di appena 21 anni, Benigno Airoldi, fonda la Banca Alto Milanese. Prudente, attenta alle PMI tessili, radicata nel territorio: un’altra idea di finanza, opposta agli eccessi dell’epoca precedente. Intorno ad Airoldi agiscono personalità come Eugenio Tosi e Carlo Castelli, capaci di far crescere una banca che, nel dopoguerra, diventerà un attore di peso nella trasformazione industriale del territorio.

Il dopoguerra, il miracolo economico e la lunga stagione delle fusioni
Nel 1948 arriva una nuova impresa: la società dell’Aeroporto di Busto Arsizio, destinata poi a confluire nella Sea. Airoldi e Rossini sono anche tra i promotori della Mostra Internazionale del Tessile, simbolo dell’identità produttiva bustese.

La Banca Alto Milanese diventa la banca delle famiglie e delle PMI, il “banchiere della porta accanto”. Quando nasce il Medio Credito Lombardo, nel 1953, Airoldi è tra i firmatari che sostengono le imprese verso i mercati internazionali. Nel 1973 gli enti partecipanti sono già 95. Poi arrivano gli shock petroliferi, la stagflazione, il rallentamento. Il Medio Credito cambia pelle, diventa Spa nel 1971.

La Banca Alto Milanese si trasforma nel Banco Lariano, poi nel Banco San Paolo di Torino nel 1993, quindi confluisce nel San Paolo IMI e, infine, in Banca Intesa dopo la fusione del 2007.

Il presente: ciò che resta di una grande tradizione
Dopo decenni di fusioni, metamorfosi e incorporazioni, un nome continua a presidiare il territorio: la Banca di Credito Cooperativo di Busto Garolfo e Buguggiate. Una presenza stabile, radicata, che conserva qualcosa dello spirito originario: il legame profondo tra finanza e comunità, tra credito e territorio, tra storia locale e visione futura.

Il prof Cafaro chiude così il suo lungo percorso: un mosaico complesso, fatto di intuizioni geniali, errori clamorosi, coraggio, fragilità e una continua capacità di reinventarsi. Una storia che non parla solo di banche, ma dell’identità stessa di Busto Arsizio.

Laura Vignati