(Adnkronos) -
La Cina ha intrapreso dal 2020 un'imponente espansione delle strutture legate alla produzione di missili, rafforzando la propria capacità di deterrenza nei confronti degli Stati Uniti e consolidando il proprio ruolo militare nella regione. Un'analisi condotta dalla Cnn su immagini satellitari, mappe e documenti ufficiali, ha rivelato che oltre il 60% dei 136 siti collegati alla produzione di missili o alla Forza Missilistica dell'Esercito Popolare di Liberazione cinese (Pla) - che controlla anche l'arsenale nucleare - mostra segni di un ampliamento in corso o già completato. In totale, le nuove aree costruite - torri, bunker e strutture riconducibili alla sviluppo di armamenti - occupano circa due milioni di metri quadrati.
"La Cina si sta posizionando come superpotenza globale. Siamo nelle fasi iniziali di una nuova corsa agli armamenti", ha spiegato William Alberque, esperto di controllo degli armamenti ed ex direttore della Nato. Le strutture individuate dall'emittente americana includono fabbriche, centri di ricerca e basi militari: 99 siti legati alla produzione di missili, di cui 65 ampliati negli ultimi cinque anni, e 22 basi della Forza Missilistica che presentano nuovi sviluppi. L'espansione è proseguita senza sosta anche dopo l'invasione russa dell'Ucraina, evento che - secondo gli analisti - ha spinto Pechino a dare una sterzata ai propri programmi militari.
Il rafforzamento dell'arsenale missilistico è parte della strategia di Xi Jinping per trasformare l'Esercito Popolare di Liberazione in una forza di "livello mondiale". La Cina ha aumentato il suo budget per la Difesa del 7,2% nel 2024, raggiungendo un totale ufficiale di circa 245 miliardi di dollari, anche se le spese reali potrebbero essere molto più elevate. Le nuova capacità produttive riguardano anche missili a medio raggio come il Df-26, ribattezzato dagli esperti "il killer di Guam" per la sua capacità di colpire basi americane nel Pacifico.
Secondo gli analisti citati dalla Cnn, i missili prodotti nei nuovi impianti sarebbero cruciali in un'eventuale operazione militare contro Taiwan, con l'obiettivo di creare una "bolla d'interdizione" attorno alle coste cinesi. Ma mentre Pechino accelera, Washington fatica a tenere il passo: il Pentagono affronta carenze di fornitura a cause delle "spese" nei conflitti in Ucraina e Israele. "Credo che sia già in corso una nuova guerra fredda - ha avvertito David Santoro, presidente del Pacific Forum - Il rischio è che possa trasformarsi in una guerra calda".