Un inciso. A Giusepèn e a me, piace moltissimo ricevere il "contributo letterario" da parte di voi, Lettori, in merito alla Parlata Bustocca, inesauribile, per le sfaccettature che possiede il nostro Dialetto Bustocco da strada. D'accordo con Giusepèn, do risalto a quanto ci ha inviato Marinella Demiliani, accompagnato dalla frase "la mia nonna, diceva", segno che Marinella ha vissuto, amato, "masticato" il nostro Dialetto. Ecco, dunque la frase, arricchita di corollario: "suguta non a dà via a bala" (non continuare a canzonare, a prendere in giro gli altri), quando faceva questioni con la vicina Richetta (che ovviamente aveva nome Enrica, poi vezzeggiato con Enrichetta, per giungere a Richetta, come si usava "in di tenp'in dre" (all'epoca) - di esempi ce ne sono a bizzeffe e, non tutti col diminutivo, l'accrescitivo e il vezzeggiativo.
"un Richèn" era l'Enrico che poteva diventare "ul Ricoeu", mentre "ul Giusepèn" poteva essere "Pepèn", "Pepinettu", Peppo - Luigi aveva quale diminutivo, "Luisèn", accrescitivo "Luisòn" e col vezzeggiativo, diventava Gigi o addirittura "Luinettu" confidenziale che addirittura possedeva diminutivo e vezzeggiativo. Conosco poi un discorso intimo tra il Luinettu e la sua Annita che fa sorridere per la sua gentilezza e la sua "potenza di sentimento" - Annita (originale) era una stupenda Donna, con caratteristiche gentili, tipicamente caserecce, che si faceva voler bene per la sua semplicità, con tanto di valori morali grandiosi. Luinettu, se la mangiava con gli sguardi, la sua Annita e, dentro la confidenza, ci metteva un "tocco d classe" con una carezza che le sfiorava il seno che gli faceva brillare i suoi occhietti furbi e arzilli!
Quasi subito, Annita apostrofava il suo Luinettu con un sorriso gigantesco, a cui faceva seguito un "fa non ul giloccu" (non fare il furbacchione) - per carità, "giloccu" poteva essere interpretato con altri nomignoli, ma conteneva sempre quel "pizzico" di intimità che non offendeva, ma pure gratificava la persona intima di famiglia. Giusepèn aggiunge pure "a tò Pierina t'à lu disea sempar, candu te fei'l magatel" (la tua mamma, "giloccu" te lo diceva sempre, quando facevi il mariuolo). Per dire che "giloccu" non è una parola offensiva, ma è tipica del Dialetto Bustocco da strada.
Altri nomi che mi tornano a mente, "storpiati" ma esaustivi, sono "Pidreau, Pidrèn, Pedàr" per Pietro - "Giuòn, Giuanèn, Gianinu" per Giovanni - "ngiuletu, ngiuletèn" per Angelo oppure "Duardu" per Edoardo, "Carletèn, Carlettu" per Carlo - a tutto ciò, si aggiungono i nomi "storpiati", come qualcuno che mi sovviene, "ul Pidrèn ul bagattu" (Pietro il calzolaio), a Peamusona (tradurlo in italiano fa un po' ribrezzo), "la pela musi" forse per dire che la signora aveva "na lengua ca la toia i sassi" (una lingua che tagliava i sassi) - "ul Baldeau" (Ubaldo) - a Fadaluca, ul Rusèn, ul Calamòna. C'era pure il nome di un Personaggio che esaltava sia il nome, sia le azioni che compiva. Dire a un discolaccio frenetico che ne compiva di tutti i colori, "se pegiu da Raeta" (peggiore del Raeta) era sintomatico di... scavezzacollo e, chi era il Raeta, ne Giusepèn e meno che meno io, non sappiamo dare una precisa identità.
Per trovare un'assonanza col "suguta non a dà via a bola" abbiamo "suguta non a menò'l turòn" che, letteralmente fa "non continuare a menare il torrone", ma qui è logico che significa, "non essere logorroico" che col "torrone" c'entra nulla, ma forse si riferiva al fatto che l'impasto necessario per arrivare al... torrone, richiedeva molto lavoro.
Inciso finale: chi sa di Dialetto Bustocco (una parola, una frase, un modo di dire), non abbia scrupoli: ce li mandi - Giusepèn ed io cercheremo di costruire un nesso logico e di far trionfare sempre il nostro meraviglioso, insostituibile, Dialetto Bustocco da strada!