Questa mattina, nell’aula bunker del Tribunale di Varese, una nuova udienza del processo in Corte d’Assise a carico di Marco Manfrinati, l’ex avvocato di Busto Arsizio imputato per l’omicidio di Fabio Limido e per l’aggressione alla figlia (e sua ex moglie) Lavinia; fatti avvenuti il 6 maggio del 2024 in via Ciro Menotti a Varese.
La prima testimone della parte civile ad essere ascoltata è stata Cecilia Limido, sorella di Lavinia e figlia della vittima (QUI LA TESTIMONIANZA IN AULA DELL'ALTRA SORELLA, LUCREZIA). La deposizione, durata circa due ore, ha ricostruito anni di rapporti familiari difficili, episodi di violenza e un clima di crescente timore nei confronti dell’imputato.
Cecilia ha riferito di essere arrivata sul luogo dell’aggressione quando erano già presenti i soccorritori e le forze dell’ordine. Ha dichiarato di aver visto Manfrinati a terra, ammanettato, e di aver udito una frase offensiva da parte sua, pronunciata in quel momento.
La testimone ha poi descritto le continue minacce e comunicazioni intimidatorie ricevute negli anni precedenti, tramite messaggi e mail, in cui l’imputato avrebbe fatto riferimento anche a episodi di violenza o alla possibilità di colpire membri della famiglia.
Nel suo racconto, Cecilia ha ricordato il progressivo isolamento del padre Fabio, che dopo l’inizio delle tensioni aveva modificato profondamente le proprie abitudini, smettendo di frequentare la chiesa e ritirandosi nella vita domestica. Ha inoltre riferito che, per ragioni di sicurezza, i familiari evitavano di spostarsi da soli, portando con sé spray al peperoncino e cani da difesa personale.
La testimone ha menzionato anche episodi di aggressione fisica risalenti agli anni precedenti: un tentativo di violenza nei confronti della sorella Lucrezia e un’aggressione al padre, avvenuta durante il periodo della pandemia e conclusasi con un accesso al pronto soccorso.
A causa del perdurare delle minacce, la famiglia Limido aveva disposto l’installazione di telecamere di sorveglianza: le prime in via Albani nel 2023, le successive in via Menotti nel 2024.
Rispondendo alle domande del pubblico ministero, Cecilia Limido ha spiegato che anche dopo l’emissione del divieto di avvicinamento la pressione da parte dell’imputato non sarebbe cessata, anzi si sarebbe intensificata. Ha concluso la propria testimonianza visibilmente provata, affermando di provare ancora oggi timore a camminare da sola.
Nel controesame, la difesa di Manfrinati, rappresentata dall’avvocato Giannangeli, ha riportato l’attenzione al 2 luglio 2020, data della fuga di Lavinia dall’abitazione coniugale, con l’obiettivo di chiarire la successione temporale dei fatti.
L’udienza si è conclusa a metà giornata. Il processo proseguirà nelle prossime settimane con l’ascolto di ulteriori testimoni citati dalla parte civile.














