C’è una città che non smette mai di lavorare, anche dentro le pagine di un romanzo. Una città che ha costruito la propria identità su fili di cotone e mani callose, su una lingua dura e antica come la pietra. È Busto Arsizio, protagonista indiscussa di Gente di fustagno, il nuovo romanzo di Greta Bienati, autrice premiata e penna raffinata che, dopo anni di storie ambientate altrove, torna finalmente “a casa”.
«Nata a Busto, vissuta a Busto, bustocca nel midollo - sorride l’autrice - Era arrivato il momento di raccontare la mia terra, la mia gente, la nostra storia».
Il libro è ambientato all’inizio degli anni Sessanta, quando il mondo del tessile entra nella sua stagione più delicata: quella del cambiamento. È l’epoca della terza generazione, quella che - come recita la saggezza popolare - “disfa”. Così anche la gloriosa Manifattura Regis, il più grande cotonificio della città, deve affrontare la sua resa dei conti. Alla guida, dopo il patriarca sciùr Leandro, arrivano tre donne diversissime tra loro: Guendalina, pragmatica e lucida; Rosaura, sognatrice e romantica; Cordelia, ribelle e testarda, promessa sposa al cugino Edmondo ma decisa a scrivere da sola il proprio destino.
Attorno a loro ruota un mondo che vibra di vita e cambiamento: i telai che ronzano come alveari, le nuove fabbriche che nascono - la Faciba, la Chirichetti - simboli di una modernità che avanza; i cortili operai, le partite della Pro Patria, i sabati al cinematografo, la Giöbia con le sue tradizioni. Busto Arsizio non è solo lo sfondo del romanzo, ma un personaggio vivo, che parla in dialetto, che suda, che resiste. La sua lingua chiusa e sonora, la sua gente riservata e concreta, diventano voce narrante e memoria collettiva.
Bienati racconta un’epoca di fine e inizio, di passaggio generazionale e mutamento sociale. È il romanzo di chi è nato durante la guerra e si trova improvvisamente catapultato nel boom economico, di chi ha imparato a misurare il tempo in battute di telaio e sogni da ricucire. È una commedia corale in cui si intrecciano amore, lavoro, destino e una lucida consapevolezza: ogni pezzo di stoffa nasconde una storia, ogni trama è una vita.
«Mi interessava la fine di un mondo - spiega l’autrice - ma anche la capacità della mia gente di reinventarsi. I bustocchi sono così: testardi, concreti, poco inclini alle smancerie. Gente di fustagno, non di flanella. C’è chi lo vive come un difetto, io lo vedo come una forza. È una terra difficile, ma generosa, fatta di mani che creano, non di parole».
La scrittrice, che ha all’attivo sette romanzi, collabora con la rivista Confidenze e ha firmato saggi e racconti premiati a livello nazionale e internazionale - tra cui Ballata laghera (Premio Lago Gerundo), Insula perdita (Premio Il Delfino), Come la primavera coi ciliegi (Premio Città di Como) e La causa prima di ogni male, dedicato alla Repubblica partigiana dell’Ossola - torna qui alle sue radici più intime.
La presentazione ufficiale al Museo del Tessile di Busto Arsizio è stata un successo travolgente: tanta era la folla che l’incontro ha dovuto spostarsi in una sala più grande. Segno che la città si è riconosciuta in quelle pagine che raccontano, con onestà e poesia, la sua storia più vera: quella del lavoro, della fatica, della volontà, del coraggio.
“Gente di fustagno” è disponibile su Amazon in formato Kindle e cartaceo, e ordinabile in libreria. È un romanzo che scava nella memoria collettiva e la trasforma in racconto universale. Perché, come scrive Bienati, “a Busto la gente non nasce per apparire, ma per fare. E da quella fatica è nata la sua forza”.