Un piccolo angolo di cimitero, dove piccole lapidi bianche sono ornate da madonnine candide, fiori freschi, girandole colorate e qualche giocattolo. È il "campo dei bambini non nati" all'interno del cimitero di Busto Arsizio, un luogo di memoria e raccoglimento che quest'anno compie 25 anni. Era infatti il 29 settembre del 2000 quando, per la prima volta, l'associazione "Difendere la Vita con Maria" si occupò di dare sepoltura a 75 feti, iniziando un percorso che non si è mai interrotto.
Per celebrare questa ricorrenza, sabato 27 settembre alle 10.30, nella chiesetta del cimitero, si terrà una messa a cui parteciperanno anche il sindaco Emanuele Antonelli e l'assessore Mario Cislaghi. A raccontare la storia di questo impegno sono le volontarie della commissione locale, tra cui Paola Letizia Faccin, Eleonora Granata e Paola Lavazza, che abitualmente si prendono cura di questo spazio.
Tutto nasce da un'idea del presidente dell'associazione, don Maurizio Gagliardini, ispirato da un atto di pietà e da una circolare del Ministero della Sanità del 1988 che già allora stabiliva la possibilità di seppellire i feti anche senza la richiesta diretta dei genitori. «L'idea è partita proprio dal desiderio di poter dare una dignitosa sepoltura a tutti i bambini abortiti», spiegano le volontarie. «All’epoca i feti venivano smaltiti come rifiuti speciali, ma noi sappiamo che non sono pezzi di gambe amputati, ma persone. E allora, per dare dignità a questi bambini, è nato il nostro impegno».
Un impegno reso possibile dalla collaborazione con le istituzioni sanitarie e dalla sensibilità di diverse agenzie funebri cittadine, che da sempre offrono il loro servizio gratuitamente. La procedura si attiva quando, trascorse le ore previste dalla legge, i genitori non fanno richiesta per il corpo. «A quel punto subentriamo noi come associazione e ci facciamo carico di tutto, in modo completamente legale e con la massima discrezione», raccontano.
Il piccolo campo, concesso dal Comune per 30 anni (e ora giunto al suo venticinquesimo), è un mosaico di storie silenziose. Alcune lapidi portano un nome, lasciate da genitori che hanno affrontato un aborto spontaneo; altre sono anonime, ma non per questo meno curate. «Ci sono persone che vengono a portare un fiore o un giocattolo anche su tombe che non sono direttamente legate a loro, per un senso di pietà universale».
Ma l'attività dell'associazione non si ferma alla cura del cimitero. Negli anni è cresciuta fino a diventare un punto di riferimento per chi affronta il difficile percorso di un'interruzione di gravidanza, volontaria o meno, attraverso un numero verde. «Offriamo ascolto a chiunque abbia bisogno, senza giudicare mai. Ci chiamano donne che hanno sofferto per un aborto, anche a distanza di decenni, ma anche tanti uomini, compagni e mariti che vivono lo stesso dolore e hanno bisogno di una guarigione interiore».
Un sostegno che guarda anche al futuro, con la promozione di un osservatorio sulla medicina prenatale per sostenere le famiglie che affrontano gravidanze con patologie complesse. «L'obiettivo è creare un polo scientifico che possa dare le migliori indicazioni per le cure possibili, aiutando le madri a portare avanti la gravidanza anche in situazioni difficili». Un progetto che vedrà la luce nella casa di Santa Gianna Beretta Molla a Magenta, attualmente in fase di ristrutturazione.
L'impegno di "Difendere la Vita con Maria", sostenuto localmente anche dall'ex consigliere comunale Giuseppe Ferrario e dall'attuale consigliere Emanuele Fiore, si basa su una rete di circa 60 associati a Busto Arsizio. «Il nostro carisma è quello di fare quest'opera di carità e di pietà, ma senza clamori. Cerchiamo di costruire una cultura del rispetto e dell'amore, perché crediamo che la preghiera e la memoria siano importanti».