Quello dei 65 anni è davvero un giro di boa, a dispetto di tanti messaggi, provenienti dai social o più in generale dai mezzi di comunicazione, che tendono a minimizzare il passaggio della soglia verso la Terza Età. Varcato il confine, serve qualche attenzione in più. E San Carlo Istituto Clinico è un valido punto di riferimento. Massimo Speranza, medico di Medicina Generale, geriatra, è entrato nello staff di via Castelfidardo nel 2025. E predica ragionevolezza: «Nessuno nega che, superati i 65 anni, si possa condurre una vita attiva e piena. Ma ignorare l’invecchiamento è pericoloso. Le statistiche non ci parlano solo di un indiscutibile innalzamento dell’età media. Dicono anche che in Lombardia gli ultra 65enni sono il 23 per cento della popolazione, gli ultra 75enni non arrivano al 13. In un arco anagrafico di dieci anni perdiamo oltre un milione di persone. Controllarsi e prevenire, accettando di non essere più ragazzini, è importante».
Prepararsi serve. A tutti: a quelli che sono vicini alla soglia dei 65, o l’hanno oltrepassata, e ai loro familiari. «Non è raro – fa presente Speranza – che l’emersione di un problema legato all’età colga impreparati. E quindi che generi smarrimento. Certo, c’è chi, di fronte a una diagnosi, si sente sollevato, soprattutto se la malattia non è grave. Si dà un nome a qualcosa che si può affrontare. Ma…» Ma? «Se la patologia è grave la reazione cambia, ovvio. Più di tutto, sgomentano le demenze. Purtroppo sono diffuse e possono presentarsi anche precocemente. Sono, e sempre più saranno, una grande fonte di impegno per le persone, le famiglie, i medici, l’intero Sistema sanitario. Ma non sono l’unico problema in sensibile aumento. Penso, tanto per fare un esempio, alle maculopatie. La loro maggiore incidenza è legata anche all’evoluzione della diagnostica, in questo caso Tac della retina. Parliamo di pazienti che possono diventare ipovedenti o ciechi. Diabete e ipertensione sono altri campi di grande rilevanza sociale. Da certi punti di vista sono peggio delle neoplasie».
Emerge l’importanza, nota ma da ribadire, dei controlli: «La diagnostica – sottolinea il dottor Speranza - ha fatto grandi e rapidi progressi. Le terapie, che pure aumentano e migliorano, non hanno lo stesso passo. Anche da questo deriva l’utilità della prevenzione. Devono esserne tutti consapevoli: mettere tempo e risorse in prevenzione significa investire in qualità di vita e ridurre le necessità in altri e ben più costosi ambiti. Che questi siano temi-chiave si vede anche da un’attenzione più puntuale da parte delle istituzioni, ne è esempio la legge delega 33 sulle politiche per persone anziane e fragili. Ci siamo arrivati nel 2023».
Figure di riferimento essenziali? «Dipende dalle situazioni ma, come intuibile, in linea di massima sono quelle della Geriatria, della Fisiatria e della Neurologia (tutte presenti in San Carlo, Ndr). Gli infermieri, i paramedici, possono essere fondamentali». Che dire dei caregiver, di solito i familiari? «Sono sentinelle, osservatori e, quando accudiscono davvero, svolgono compiti di grande rilievo, in “prima linea”. Di fronte a certe difficoltà, le famiglie rischiano di scoppiare, bisogna fare in modo che questo non avvenga (San Carlo, fra l’altro, organizza periodicamente apprezzati corsi per affrontare il deficit cognitivo, tra i più complicati da gestire, uno si sta svolgendo in queste settimane, vedi QUI, altri saranno proposti in futuro, ndr)». Il nemico numero uno? È la vecchiaia in sé e per sé? «No, si può essere anziani e godere di una buona qualità di vita. Tra i nemici più insidiosi c’è la solitudine: in Lombardia il 14 per cento degli anziani si trova in questa condizione. La sottovalutazione è ancora più pericolosa. Pensarla così: ho una certa età ma i pazienti geriatrici sono altri, non certo io. Ecco il nemico più subdolo».