Approfitto del bel commento di "mamma Paola" scritto (su dettatura alla figlia, Graziella Enrica Puricelli) al mio pezzo sulla "cagiàa" per ribadire la valenza del Dialetto Bustocco che è tramandato verbalmente che io ho definito "da strada", per il fatto che la Parlata Bustocca (incisiva e possente) è stata "annacquata" quando taluni hanno "piccato in mente" di scriverlo, il Dialetto, con un'aggiunta di parole (italiano, milanese, varesino) che col nostro Dialetto hanno nulla a che vedere. Ringrazio mamma Paola e Graziella per il loro impegno a "farmi sapere" in Dialetto, come la pensano - anche loro hanno "tradotto" la Parlata indigena con vocaboli extra-Dialetto - sia chiaro, non voglio fare il "solone-so tutto io", ma è per chiarire che anche nei libri di "antichi cultori Bustocchi" ci sono vocaboli non-Bustocchi, mentre il Dialetto "da strada" è puro, verace, autentico e merita il dovuto rispetto.
Ecco il brano che copio pedissequamente di mamma Paola, redatto dalla cara amica Graziella Enrica Puricelli:
"Che rigordi!!! A cagiaa lu fea ul me Puricelli , quandu a ghean ul laci cal andea ma al cipea ul manten lu tachea sul rubinetu e dopu na noci l’ea pronta a cagiaa da mangia cunt i tumatas ! Mo sa usa pu, ta disan ca te podi mui’ !
Ma a cagiaa fresca la gnea in tant sanghi! A scigula fresca u erburen frescu dentar a minestra!
Che rigordi! Ta mandu un basen Gianluigi Marcora ! (Mamma Paola)
"cagiàa" si scrivi così, ma nella parlata si dice "cagiòa" - "lu fea" è corretto a dire "la fea" (al femminile, visto che il soggetto è "a cagiàa) - "quandu" è tipicamente italiano, in Bustocco diventa "candu" - "ghea ul laci" (senza la a iniziale) - "cala'ndea a mo" (che andava a male), il marito di mamma Paola "al ciapèa" (prendeva) "ul mantèn" (un panno corposo), "lu tachèa sul rubinetu" (lo attaccava, annodava, sul rubinetto) e "dopu 'na noci ghèa pronta a cagiàa, da mangiò cunt'i tumatas" (dopo una notte che permetteva al latte di cagliare, era pronta la cagliata, con l'aggiunta di pomodoro) - a proposito, visto il termine "tumatas?" - è un francesismo, portato qui dai Liguri - "mo, al sa usa pu, t'à disàn ca te podi muì" (adesso, non si usa predisporre in casa la cagliata; ti dicono che puoi morire (botulino) - "a cagiòa" (l'ho scritto con la ò stavolta e va bene uguale) "l'andèa in tan sanghi" (ho preferito "andea" invece di "gnea" ("andava" in tanto sangue, meglio di "veniva" - poi c'è la "cipolla" e il "prezzemolo" dentro la minestra che c'entrano nulla con la "cagiòa", ma è bene specificare - che bei ricordi, mamma Paolo e apprezzo tantissimo "un basèn" che ricambio col cuore, con tanto rispetto per il nostro Dialetto, ma pure per il ricordo che avete di mio padre "ul 'ngiuletu campasceu" che ho nel cuore!
Ammiro mamma Paola e la figlia Graziella per il "coraggio di essere coraggiose" (Manzoni), nello scrivere il Dialetto Bustocco - niente paura per le "correzioni" che mi sono permesso di apportare... sicuramente, qualcuno farà spallucce, ma noi, "NOI CHE BUSTOCCHI SIAMO" non abbiamo paura di chi, il Dialetto Bustocco l'ha imparato (male) dopo avere imparato l'ITALIANO a cui ha aggiunto parole dialettali di altra "etnia" che hanno "imbastardito" la nostra Parlata - NOI invece, la DIFENDIAMO! - ne approfitto per dire che, nella Lombardia-Celta (barbara), c'è pure la Lombardia-Ligure, dove Busto deriva dal "romanico-combustum" arso e bruciato e Arsizio deriva da "ardia" filo di ferro duttile, inventato dai Liguri - ti amo... quanto ti amo, Busto Arsizio!