A noi bastano i suoi occhi.
Occhi che si inumidiscono quando le chiediamo "cosa ti manca di più di Pietro?" e, guardandoci quasi imploranti, come se potessimo riportarglielo indietro almeno per un attimo, parlano quanto e più della risposta, pungente come uno spillo nel cuore: «Tutto. Eravamo sempre assieme, dal fruttivendolo allo stadio, dalle passeggiate in corso alle sere davanti alla tv. Facevamo qualunque cosa all'unisono, uno accanto all'altra: da quando non c'è più, mi sento persa e tutte quelle piccole cose che avevano sapore solo assieme a lui, ora non l'hanno più».
Occhi curiosi e interrogativi - «cosa faresti tu per Pietro?» - ma anche dolcemente in attesa di qualcosa, un segno che Varese non si è dimenticata, anche se è un'attesa infinita, pur se non lo dice: «I varesini mi fermano, ognuno ha un ricordo di lui, e con me sono tenerissimi. A volte ho la sensazione che per la gente Pietro ci sia ancora o che si aspettino di vederlo apparire da un momento all'altro vicino a me. E forse è proprio così, ne percepiscono la presenza. Qui...». E il "qui" finisce con un delicato gesto di Anna, che ha perso il suo Pietro Anastasi cinque anni e mezzo fa, nel gennaio 2020, verso il suo cuore.
Occhi orgogliosi di quell'orgoglio che è di casa e non chiederebbero mai nulla di ufficiale, pur se l'aspettativa di chi, invece, se lo augurava finora è stata vana. Ma se il nostro incontro con Anna, grazie all'amico Claudio Ferretti, è semplicemente stato quello tra amici che non si erano mai davvero conosciuti («Tu scrivevi, io leggevo»), dobbiamo scrivere ciò che lei non oserebbe mai dire perché il nome e la memoria di Pietro Anastasi non siano accostati ad alcuna recriminazione, tranne quella della sua assenza.
E allora diciamo che Varese è ancora in tempo a ricordare con qualcosa di bello ed eterno uno dei più grandi calciatori di sempre che, pur non essendo nato in questa città, le ha fatto il dono più grande, la ricompensa di cui è capace soltanto chi arriva da lontano e sceglie di crescere e vivere qui: amarla e considerarla casa molto più di tanti varesini doc. Finora nemmeno un campetto porta il suo nome, anche se era stato velatamente promesso - almeno nei titoli di un giornale - in quell'oratorio vicino al suo stadio, e si sono perse le tracce del famoso docufilm "Stella del Sud", presentato due anni fa da investitori privati a Palazzo Estense alla presenza di Roberto Bettega e Beppe Marotta: sembrava l'inizio di un percorso ma, forse, è stata anche la fine, anche se capiamo come possa costare fatica ammettere di non essere riusciti a portarlo in porto.
Questa città, e per città intendiamo chiunque la ami, cittadino, imprenditore o politico senza distinzione di rango, ruolo e partito, può ancora farcela - come spesso, in realtà, succede con slanci fulminanti e inaspettati - a non dimenticare e a ricordare con qualcosa di imperituro non tanto la tripletta di Pietruzzu alla Juventus o un uomo simbolo del calcio italiano, del club bianconero e della nazionale (non sarebbe male se anche Juve e Federcalcio battessero un colpo, come faceva lui per loro, in silenzio, sul campo) ma, almeno, le parole solenni, che poi sono promesse, ascoltate nella basilica di San Vittorie nel momento dell'addio, parole come «modello di rivincita e slancio, fonte di ispirazione per chiunque voglia giocare a calcio, testimone di un'epoca che ha regalato emozioni all'Italia e portatore di valori insostituibili del presente e del futuro».
E se questo non bastasse, ci sarebbero pur sempre gli occhi di Anna che, alla domanda su quale foto abbinare all'articolo, ci sorprende ancora una volta, quasi fino alle lacrime: «Ne ho una bellissima, eravamo al mare e dice tutto di noi. Dite che è troppo?». No, è il massimo. È felicità così pura da poterla toccare ancora oggi.
Calcio - 28 agosto 2025, 07:45
Pietruzzu Anastasi a Varese vive "solo" negli occhi della sua Anna: «Mi manca tutto, perché facevamo tutto assieme»
A cinque anni e mezzo dalla sua scomparsa la sua terra si è dimenticata - come, a dire il vero, la Juventus e la Federcalcio - del campione che si trasferì dalla Sicilia e fece tre gol leggendari nella partita di tutti i tempi biancorossi prima di diventare un simbolo bianconero e azzurro: abbiamo incontrato la sua Anna, che non chiede nulla, tantomeno il campetto e il docufilm promessi, ma parla di un amore eterno. «Le persone mi fermano e si aspettano di vederlo spuntare da un momento all'altro perché ne percepiscono la presenza. C'è una foto da cui non mi separo mai: eravamo giovani ed eravamo al mare, è l'emblema della felicità più pura»
Pietro Anastasi e la sua Anna felici al mare: «In questa foto c'è tutto il nostro amore e la nostra felicità»
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