Sport | 19 luglio 2025, 07:00

Fabrizio Sottile: «Lo sport paralimpico mi ha dato una seconda possibilità»

Da nuotatore normodotato alla diagnosi della neuropatia ottica di Leber, passando per le Paralimpiadi di Londra e Rio, fino al nuovo obiettivo fuori dall'acqua: Los Angeles 2028 con il judo. L’atleta samaratese di adozione si è raccontato al terzo appuntamento del progetto Sport e salute

Fabrizio Sottile: «Lo sport paralimpico mi ha dato una seconda possibilità»

«Io avevo dei sogni da atleta normalissimo che intraprende una carriera agonistica». Ma dal 2010 la diagnosi della neuropatia ottica di Leber ha cambiato per Fabrizio Sottile, ed è iniziata la sua seconda vita come atleta paralimpico.
Un mondo che gli ha dato «una seconda possibilità» e che ha raccontato ieri sera al palazzetto di via Ariosto a Giovanni Castiglioni e Diego De Bernardi nel terzo appuntamento del progetto Sport e salute, organizzato da Crossfit “Il tempio”, Pro Patria Judo, CSK Busto Arsizio e la Shooting Accademy. 

Nato a Segrate, dove ha iniziato a 3 anni a nuotare, per poi trasferirsi a sei anni a Samarate e approdare nella Busto Nuoto guidato dal coach Gianni Leoni, dove ha trovato quasi una seconda famiglia: «Per me la squadra è stata molto di più di tutto, amici di scuola e fuori da scuola. Vivendo così intensamente lo sport, con la fatica e il dolore dell’allenamento e fermandoti solo 3 settimane all’anno, il rapporto che stringi con i tuoi compagni è molto stretto ed è uno dei motivi per cui non molli se non vedi risultati, non vuoi allontanarti dalla famiglia».

Nel 2010, Fabrizio ha iniziato a perdere la vista: «Non vedevo più il cronometro, ma pensavo sempre “domani passerà”». La diagnosi della Lhon (acronimo della neuropatia ottica di Leber), non è arrivata subito: «La prima è stata di sclerosi multipla, la seconda di tumore al cervello, ma nella mia testa continuava a rimbombare “ma che ne sanno” e “passa domani”». Erano pensieri di un ragazzo di 17 anni, «ero superficiale, è stato più difficile per i miei genitori che capivano la gravità delle diagnosi». 

Fortunatamente, poi, è arrivata la diagnosi corretta, di una malattia genetica. Lui è diventato testimonial della Mitocon Onlus, anche per diffondere consapevolezza su questa patologia che colpisce solamente 35mila persone al mondo. 

Dopo aver affrontato la fase acuta, ha raccontato la diagnosi alla squadra e all’allenatore, sono venuti a scoprirlo la presidente della Polha Varese, Daniela Colonna-Preti, e i vertici della nazionale parolimpica che «mi contattarono e mi invitarono a seguire le gare». 
«Lo sport parolimpico mi ha dato una seconda possibilità, mi ha permesso di partecipare a manifestazioni a cui mai avrei pensato di poter arrivare. Il numero di persone e la competitività sono inferiori: fai fatica agli italiani e due mesi dopo vinci la medaglia d’oro agli Europei, sono due mondi diversi». 

«Arrivavo da un mondo molto inquadrato, noi abbiamo avuto una dottrina quasi militare, nel mondo parolimpico ridevano tutti, scherzavano, avevano un rapporto con l’allenatore quasi amichevole, non seguivano le regole che avevo imparato fin a quel momento», ha spiegato Fabrizio.
Dopo le due Paraolimpiadi di Londra e Rio, non andate benissimo per diversi motivi, si è qualificato a Tokyo 2020, poi rimandata al 2021 e, a quel punto, per qualche incomprensione con l'allenatore la partecipazione è sfumata.

E poi, lo scontro con la realtà: «Ho smesso perché volevo trovare casa con la mia compagna, cercavo un lavoro "vero". L’atleta agonistico, chi lo fa di professione, vive in una campana di vetro in cui pensa che quello che sta facendo è importante, ma in pochi conoscono quello che hai fatto». 

Abbandonato il nuoto si è iscritto in palestra ma «mi annoiava, mi mancava l’adrenalina». E allora, finite le Olimpiadi 2024, si è informato su Los Angeles 2028: «Ho prima valutato il nuoto, ma sarebbe stato troppo impegnativo, allora ho considerato le altre discipline. Il judo era per non vedenti e ipovedenti, ho cercato una scuola nelle vicinanze e ho trovato la Pro Patria Judo, il presidente Claudio Zanesco mi ha invitato, ho trovato un ambiente inclusivo ed educazione sportiva, adesso l’obiettivo è Los Angeles». 

Michela Scandroglio

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