Busto Arsizio - 27 giugno 2025, 12:50

L'INTERVISTA. Monsignor Livetti, 94 anni di fede e impegno: «Una vita ordinata e lo sguardo sul mondo, questo il mio segreto»

Nel 71esimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, lo storico prevosto augura a Busto di continuare ad essere città del lavoro, del buon senso e dell’aiuto. E dice la sua anche a proposito della moschea

Monsignor Claudio Livetti non ha bisogno di presentazioni. Nato il primo giorno d’estate del 1931 a Ferno, ordinato sacerdote nel Duomo di Milano dal beato Ildefonso Schuster il 27 giugno 1954, Mons. Livetti ha ricoperto molti ruoli ed è stato per 22 anni (1986-2008) prevosto di Busto Arsizio. 

A 94 anni appena compiuti, ancora in gran forma, molto attivo sotto diversi punti di vista (è pure blogger con il suo Donlivetti’s blog), il sacerdote vive in Casa albergo Borri all’Istituto La Provvidenza. 

Qual è il segreto per arrivare a 94 anni?

«Vivere una vita ordinata, anche molteplice. Oltre a guardare la parrocchia ho sempre guardato il mondo: sono andato in tanti Paesi tra cui Togo, Benin, Guinea Bissau, Camerun. Poi c’è il Buon Dio che ci guarda. E in famiglia anche altri parenti hanno avuto una vita lunga».

Com’è cambiata la città da quando è arrivato?

«Sono venuto a Busto 39 anni fa. Allora, da un punto di vista politico, avevamo un pentapartito. Busto aveva ben cinque parlamentari, la città era di centro con un occhio verso sinistra, mentre ora è a destra. In quarant’anni c’è stato un forte calo di progettualità. C’è una buona gestione ordinaria, ma non si vedono i grandi progetti. Gli antichi industriali e politici bustocchi nel Dopoguerra avevano addirittura creato l’aeroporto della Malpensa. Senza dimenticare l’Università che per motivi logistici è stata realizzata a Castellanza, ma che è nata da personalità di Busto».

Anche il tessuto sociale è cambiato?

«C’è stata una forte immissione di extracomunitari. Molti provengono dal Sud America. Sono molto laboriosi, bravi e affidabili. Così pure dall’Est Europa arrivano tante persone, anche qualificate, che trovano lavoro ad esempio nelle strutture sanitarie. Vi è inoltre una forte componente dal Medio Orientale e di persone provenienti da luoghi di cultura musulmana che dobbiamo rispettare».

Alcuni chiedono una moschea...

«Oggi si fanno grandi difficoltà, ma anche noi cattolici quando andavamo in Paesi stranieri chiedevamo lo spazio per costruire ospedale, scuola e chiesa. Ormai credo sia indispensabile avere un senso di accoglienza di queste culture».

Un altro cambiamento di questi quarant’anni?

«La denatalità. A Busto le scuole, gli asili, gli oratori erano sempre pieni. Ora incomincia a farsi sentire in tutta la zona il calo delle nascite». 

E dal punto di vista religioso?

«L’aspetto religioso ha avuto un forte calo per il secolarismo dilagante e poi la pandemia ha dato una botta terribile perché molti hanno pensato che si può essere cristiani senza andare a Messa».

Se dovesse dare una “tirata d’orecchie” alla città quale sarebbe?

«Ne ho date tante da prevosto! Posso dire questo ai politici: non radunatevi, ma incontratevi. Incontrarsi vuol dire dialogare e il dialogo è un intreccio di ascolti con l’obiettivo di cercare insieme di provvedere al bene comune. Bisogna trovare gli strumenti per risolvere i problemi, come la povertà  che è aumentata».

E invece quale complimento rivolge alla città?

«Busto è una città in cui la vita trascorre abbastanza tranquilla (a parte l’eccezione, come ciò che è accaduto il 25 giugno, il delitto di via Milano ndr), dove si respira un clima di pace che dipende dal fatto che i bustocchi cercano il dialogo». 

I bustocchi, appunto. Come sono dal suo punto di vista?

«Fondamentalmente sono persone laboriose, concrete, serie, credenti nei valori umani tradizionali e in quelli cristiani. Cuore pulsante della città è la Madonna dell’Aiuto. Magari qualche volta sono un po’ sospettosi nei confronti del nuovo, ma dopo un primo approccio entrano immediatamente in dialogo. Comunque non esiste più il bustocco puro, siamo tutti meticci, c’è chi viene dalla Valle Olona, chi dalla Bergamasca, dal Veneto, chi dall’estero».

Cosa augura alla città?

«Di continuare a essere la città del lavoro, del buon senso, dove vi sia la possibilità per tutti di vivere e, per chi non ha, di trovare tanto aiuto».

I cristiani sono felici?

«Il cristianesimo, soprattutto il cattolicesimo, è una religione di felicità. Edit Stein, quando si è convertita dall’ebraismo, diceva che il cielo cattolico è più sereno. Io ci credo, di gente contenta ne vedo. A volte mi domandano se l’estrema vecchiaia è un dono o un castigo: rispondo che è un dono, sia per l’anziano sia per i familiari che possono continuare e vederlo». 

Mariagiulia Porrrello