L’afasia è la perdita, totale o parziale, della capacità di esprimere o comprendere parole.
Nella vita possono capitare incidenti, traumi, malattie che, ledendo le “aree del linguaggio” del cervello, compromettono la capacità di utilizzare il linguaggio nelle attività comunicative anche quotidiane, senza generalmente intaccare l’intelligenza.
Così diventa difficile, e a volte impossibile, leggere un libro, fare due chiacchiere, scrivere la lista della spesa.
Al di là dell’aspetto medico, il rischio per le persone colpite da afasia è l’isolamento. Spesso sono escluse o si autoescludono.
Proprio per aiutare gli afasici e i loro familiari, nel 2016 è stata aperta a Castellanza, in Multimedica, la sezione locale di A.IT.A Lombardia (Associazione italiana afasici odv), che oggi conta 25 soci.
A livello nazionale, l’A.IT.A. è nata nel 1994 sulla spinta delle sollecitazioni delle stesse persone afasiche, dei parenti, dei professionisti e dei volontari impegnati nella cura e nel 2005 è diventata A.IT.A. Federazione. Tra gli obiettivi ci sono il favorire il recupero dell’autonomia della persona afasica, ricostruire la sua rete di relazioni sociali, aumentare la consapevolezza delle proprie risorse, informare.
«Ci si rende sempre più conto – spiega la referente del gruppo castellanzese, Maria Vittoria Armiraglio, logopedista di professione – che conclusa la fase riabilitativa, il problema grosso è il reinserimento nel sociale».
«Ci ritroviamo tutti i martedì dalle 16 alle 18 – afferma l’Armiraglio - in uno spazio che ci viene messo a disposizione da Multimedica in viale Piemonte e questo è un grande aiuto. Organizziamo diverse attività, come ad esempio incontri con gli specialisti del settore, facciamo informazione, andiamo a vedere i musei, partecipiamo ad eventi, siamo grandi frequentatori del Parco Alto Milanese».
Le proposte sono di supporto non soltanto per chi è colpito dal disturbo, ma anche per i loro famigliari che possono entrare in contatto con altre persone che vivono situazioni simili.
La referente sottolinea anche un altro aspetto. «Il problema è conosciuto – dice – solo se capita e purtroppo capita sempre di più a persone “giovani”, quindi anche a cinquantenni che ancora lavorano. In passato invece l’afasia era legata maggiormente agli anziani. D’altra parte però, se è vero che il problema diventa più frequente, è vero anche che le cure stanno migliorando».
Per quanto riguarda il reinserimento, oltre a quello sociale, si vuole puntare a quello lavorativo, creando una rete anche con cooperative del territorio che si occupano proprio del reinserimento nel mondo del lavoro.