Ieri... oggi, è già domani - 09 giugno 2025, 06:30

“Dù bafuni teme'l Manuèl” - “Due baffoni come quelli del Re Vittorio Emanuele II”

Lo chiamavano "Manuèl" il nostro Re Vittorio Emanuele II e dai ritratti in circolazione è facile evincere quanto fossero curati i suoi baffi che, all'epoca, donavano importanza, prestigio, ma pure "ardenza" (supponenza-alterigia-presunzione di sé) orgogliosamente manifestata...

Lo chiamavano "Manuèl" il nostro Re Vittorio Emanuele II e dai ritratti in circolazione è facile evincere quanto fossero curati i suoi baffi che, all'epoca, donavano importanza, prestigio, ma pure "ardenza" (supponenza-alterigia-presunzione di sé) orgogliosamente manifestata.

Fisicamente, lo zio Centeau (Innocente, all'anagrafe), somigliava moltissimo al "Manuèl", ma, a differenza del Re, lo zio mostrava il suo fisico possente, con disinvoltura, senza ricorrere al fatto estetico. Lo zio (era lo zio di mio padre, fratello di nonna Luisina), lavorava in Stazione Centrale a Busto Arsizio - era addetto allo scarico delle merci, di qualunque tipo, dai vagoni che il treno, giornalmente portava in città - c'era di tutto; dal legname al carbone, dai laterizi alle materie prime che utilizzavano le numerose fabbriche cittadine - non solo, c'era pure il carico dei vagoni, per le rispettive destinazioni e, la squadra di otto lavoranti (chiamiamoli scaricatori, ma possiamo bene definirli... caricatori) provvedeva, senza troppi mezzi a disposizione, al disbrigo degli ordini che meticolosamente indirizzavano la consegna delle merci.

Zio Centèau poteva sembrare "risoluto" dall'aspetto, ma bastava parlargli per capire la sua bonomia, ma pure la serietà con cui si rivolgeva a tutti. Donne o Bambini (e ovviamente Uomini), sapevano di poter contare su un uomo leale, preciso "sgobbone", buono anche di carattere. Il babbo me ne parlava con rispetto; ogni tanto svelando qualche caratteristica che riguardava suo zio. "l'e se a me suela, a fò'l gariboldi" (è sufficiente mia sorella -mia nonna Luisina, mamma di mio padre- ad agire con la risolutezza di Garibaldi) per dire che allora, la nonna, puntava-dritta alla soluzione del problema, senza troppo "girare in giro" con parole morbide o vellutate.

Lo zio Centèau era maritato "cunt'a zia Tugnina" (con la zia Antonia) e avevano due figli (Renato e Luigi) che di mestiere svolgevano l'attività dei Trasportatori (Renato per le consegne in Europa e Luigi, per il trasporto interno: Locale, ma pure per l'intera Italia). Descrivere zia Tugnina ci vuole tenerezza. Lei era bella come la "Greta Garbo": lineamenti decisi, ma al contempo soffici, soprattutto quando sorrideva e ti buttava addosso quei deliziosi occhi azzurri che inebriavano pure lo stupore, di come la bellezza si aggiunge al fascino e di come l'intelligenza andava oltre il razionale. Discutevo molto con zia. Una frase che mi ripeteva sempre (dai 10 ai 15 anni) era: "al vanta pisè 'n bon mistè che 'n saccu da dane" (ha più valore un buon impiego, di un sacco di soldi) - certo, per il fatto che i soldi "finiscono", ma il "saper lavorare" resta - e prendeva esempio, proprio dalla stima che riscuoteva zio Centèau sia nel lavoro, sia in giro.

Quando poi zia Tugnina parlava dei suoi figli, non li "indorava", ma dai suoi giudizi, rimarcava quanto abili fossero e quanta fiducia riscuotevano da chi affidava loro le merci da consegnare, o dalle merci che Renato e Luigi, consegnavano ai rispettivi destinatari. 

Tutto questo excursus per dire quanto la Famiglia Azzimonti, mi voleva bene - allora, per far viaggiare i camion (non erano ancora TIR), oltre all'Autista, Responsabile di consegne e viaggio, era necessario avere in cabina di guida, il Secondo Autista - quindi, spesso e volentieri, Luigi mi "ospitava" per evitare di incorrere nelle "grinfie" della Legge - col permesso dei miei, facevo volentieri il viaggio per le consegne, sentendomi il "prediletto" fra i Secondi Autisti (sic) - ovviamente, senza mai sfiorare il volante del camion o dei meccanismi di guida - ero si, prestante, ma ero, senza dirlo troppo in giro, un Minorenne. Racconto il fatto, per una "pensata" di Renato - doveva recarsi in Spagna e doveva restare in giro 4 giorni - mi chiese se volessi accompagnarlo e m'è venuto spontaneo dirgli di si - solo che, quando lo riferii a mamma, ci fu un conciliabolo in casa, non tanto per discuterne, ma per sentire qual era la sua volontà: "te se mia matu? te se non che foea da Busti i podan ciapoti e idè ca t'e se non un Autista …. te ghe disi al Renatu da non e ti, a sia t'e andò a durmi in dul to leciu" (sei mica matto? non sai che fuori di città, possono arrestarti e vedere che non sei un Autista... riferisci a Renato che non ci vai in Spagna e tu, a sera, vai a dormire nel tuo letto) - in verità, non ci fu bisogno di riferire a Renato - l'aveva fatto mamma, coscientemente rivelando a Renato il motivo di un diniego netto, conciso, preciso - mi riferì lo stesso Renato "l'a ga rasòn a to moma" lo disse mestamente, ma anche la zia Tugnina commentò con suo figlio "ma stè gnu'n menti?" da allora ho imparato di... tenere sempre i piedi per terra e di ragionare col cervello inserito e dialogante col cuore! - ammicca Giusepèn: "bràa" rivolto alla mamma e "brau" rivolto a me! Un abbraccio col cuore, zia Tugnina e ziu Centèau.

Gianluigi Marcora