Il tribunale di Varese, nella giornata conclusiva di un processo che ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica locale, ha pronunciato la condanna di Marco Manfrinati per il reato di stalking, dichiarandolo colpevole dei fatti indicati nei capi A, B e, parzialmente, C, con riferimento a un episodio avvenuto il 25 dicembre 2022.
Il giudice, dopo aver riconosciuto le circostanze attenuanti generiche, ma giudicate subvalenti rispetto alle aggravanti, ha stabilito per l’ex avvocato bustocco, accusato di stalking nei confronti dell’ex moglie Lavinia Limido e dell’ex suocera Marta Criscuolo, una pena di 4 anni, 5 mesi e 20 giorni di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e dei costi sostenuti durante la custodia cautelare.
L’udienza, svoltasi nell’aula bunker del tribunale di Varese, si è aperta alle ore 13 con una dichiarazione spontanea dell’imputato, che ha negato ogni intento persecutorio: «Non vi è nessun atto né molestia da parte mia. Atti non confermati dagli altri testi della parte civile, a parte una telefonata dove comunque non c’è stata alcuna minaccia nei confronti della famiglia Limido-Criscuolo. Io tutto quello che ho fatto l’ho fatto per rivedere mio figlio ed esercitare il mio diritto alla genitorialità.» Dopo le repliche della parte civile e dell’avvocato difensore, il giudice si è ritirato per la decisione.
Una sentenza che «non lascia spazio a interpretazioni equivoche», come ha sottolineato l’avvocato Fabio Ambrosetti, legale della parte civile: «La pena è molto alta. Il tribunale si è dimostrato ben consapevole della gravità del reato, che non è solo stalking, ma atti persecutori di eccezionale gravità. La decisione riflette fedelmente la realtà dei fatti e ne siamo soddisfatti.»
Di diverso tenore il commento della difesa. L’avvocato Fabrizio Busignani, che ha rappresentato Manfrinati, ha annunciato l’intenzione di impugnare la sentenza: «Stiamo valutando il ricorso in Appello. Va detto che la pesantissima richiesta della pubblica accusa non è stata accolta e che alcuni fatti sono stati esclusi. In contesti così delicati serve coraggio per applicare il principio del ragionevole dubbio».
Fuori dal tribunale Marta Criscuolo, abbraccia l’avvocato Ambrosetti e ringrazia la comunità: «Tante cose belle ci sono state dette e fatte da questa meravigliosa cittadinanza, dal sindaco, dall’assessore ai servizi sociali e da tante persone che nemmeno conosciamo. Tuttavia, alcune sciocchezze dette hanno gettato un’ombra su tutto questo».
La vicenda giudiziaria, che ha avuto un forte impatto anche a livello umano e sociale, si chiude dunque con una condanna severa, ma non ancora definitiva. Sarà la Corte d’Appello a confermare o modificare l’esito del primo grado mentre prosegue il processo per l'omicidio dell'ex suocero Fabio Limido in Corte d’Assise.