Busto Arsizio - 25 maggio 2025, 15:10

Guerra e Liberazione, i ricordi di Ginetto Grilli: «Noi che aiutavamo i partigiani. I viveri nei sotterranei della chiesa, poi smistati nelle borse della spesa»

La memoria storica di Sacconago, classe 1925, ha partecipato alle azioni di supporto a coloro che combattevano sulle montagne. Il racconto delle storie «che non voglio portare via con me. Siano patrimonio di tutti: che la gente sappia quali conseguenze ha comportato la guerra»

Ginetto Grilli, classe 1925, uno degli ultimi che ha visto e vissuto la guerra di liberazione. Che ha partecipato, in giovane età, al movimento partigiano in quelle azioni fondamentali di supporto, che oggi si chiamerebbero di logistica, a coloro che combattevano sulle montagne.

Vuole sì ricordare, ma soprattutto regalare «questi ricordi che non voglio portare via con me – evidenzia Ginetto -  ma che siano patrimonio di tutti così da conoscere quei momenti difficili, pericolosi, ma pieni di vita; che la gente sappia quali conseguenze ha portato con sé la guerra».

La sua partecipazione al movimento partigiano lo ha fregiato di una sorta di diploma, un riconoscimento dei Volontari della Libertà per la sua attività che consisteva «nel raccogliere i viveri, i vestiti, insomma il sostentamento per i partigiani che stavano in montagna. Venivano nascosti nei sotterranei della Chiesa Nuova di Sacconago. Allora non c'era il sagrato ed i camion entravano in chiesa di notte e noi provvedevamo allo scarico. Per non dare nell'occhio e per evitare i controlli, i viveri venivano poi messi e smistati in borse della spesa ed in bicicletta venivano portati in case private destinate come punti di raccolta. Mi ricordo che c'era una signora, che si chiamava Giuseppina, che m'invitava sempre ad accompagnarla fingendo di essere il suo moroso».

Ginetto ha conosciuto anche l'irruzione degli uomini della Brigata Nera in casa sua. «Cercavano mio fratello Mario che aveva disertato dopo l'armistizio dell'8 settembre. Lui era militare in una caserma a Gallarate, mentre io ero stato riformato per insufficienza toracica, la circonferenza minima doveva essere di ottanta centimetri, la mia era settantotto. Era incolonnato con altri soldati per la Germania dove avrebbero sostenuto un addestramento, così gli era stato detto. Approfittando di una distrazione della sentinella era entrato in una casa e lì aveva trovato una donna con un bambino: alla vista si era messo a piangere molto forte, che avrebbe magari destato qualche sospetto. In strada c'era silenzio con due ali di folla che assistevano a quella che, in sostanza, era una deportazione. Mario disse a questa donna di contattare un suo zio prete (don Alessandro Luoni, ndr) che era a Desio, per fargli avere dei vestiti civili. I fascisti entrarono in camera, io tremavo dalla paura, scostarono le coperte sotto le quali si era nascosta mia sorella Cecilia e non lo trovarono. Era riuscito a scappare e speravo che non tornasse».

«Quando i tedeschi lasciarono il comando della Villa Calcaterra trovai una loro divisa e nella tasca c'era una fotografia di una ragazza di Sacconago. La presi, rintracciai la madre e gliela consegnai e questa non finì mai di ringraziarmi. Se l'avesse trovata qualcun altro magari l'avrebbero denunciata e avrebbe passato dei brutti momenti. Andava coi tedeschi per fame...».

Giovanni Toia