Poco e spesso mal - come dimostrano i fatti di cronaca - frequentata, con pavimentazione ko e scarso verde. Eppure con un potenziale immenso, che viene dal suo passato ma anche dalla presenza di Palazzo Marliani Cicogna e da assi d'accesso che potrebbero - dovrebbero - farla sentire cuore pulsante del centro di Busto.
In una parola, anzi tre: piazza Vittorio Emanuele, che non ha trovato una nuova vita con la riqualificazione. Dal dibattito di Politicamente questa sera nella galleria Boragno non è uscita la soluzione, ma una proposta, una suggestione, come ha detto Salvatore Loschiavo, l'ex assessore che ha portato avanti e realizzato la nuova via Cavallotti. Si sono intrecciati riflessioni storiche, architettoniche, sociologiche ma protagonista si è confermato anche un ex ospite della piazza, il monumento ai Caduti: il cui nomignolo, irriverente e affettuoso al contempo, non ha portato a uguale identificazione nella piazza attuale, Trento Trieste, dove non risulta valorizzato. Tant'è che anche stasera - nonostante si sia ribadito che il costo di un eventuale, ulteriore spostamento sarebbe pesante, calcolato in 300mila euro diversi anni fa - c'è chi ha auspicato che l'opera di Manfrini possa tornare "a casa". In testa, Antonio Pedèla Tosi che invoca di nuovo un referendum: lui andò a votare a quello che cercava di bloccare lo spostamento. Ma va detto che alle urne si recarono pochi bustocchi: insomma, i borbottii diffusi in città non trovarono conferma in quel fatto cruciale che è il voto.
L'architetto Rolando Pizzoli ha tracciato una preziosa ricostruzione storica, che ha condotto alla piazza prima della decadenza, il cuore civico, dove si amministrava la giustizia - tant'è che ancora oggi c'è chi la ricorda come piazza della Giustizia - e si affiancava il carcere. Il municipio diventava infatti poi Palazzo GIlardoni, precedentemente ospedale.
A un autosilo in piazza - racconterà Geltrudi - pensò lo stesso architetto Richino Castiglioni, impegnato coi colleghi nei piani particolareggiati in centro, ma perché la vedeva pedonale: erano previsti ben 334 posti. La scultura nella sua visione si sarebbe spostata all'ex Bustese, con ampia valorizzazione. Per la zona degradata a fianco, lui pensava ai chiostri.
Invece, si avvicinano i giorni nostri, si pensa sì all'autosilo ma poi non si farà e si sposta il monumento in piazza Trento, scelta ingloriosa secondo Geltrudi. E se i palazzi attorno vengono realizzati nuovi di zecca, la piazza resta vuota e silenziosa per lo più.
Da Martina Colombo sono arrivate riflessioni importanti sul significato di piazza, che raccoglie il sentimento di identità. Ma quale piazza, è il grande interrogativo. Identità è parola che risuonano: «Le piazze sono simboli che raccontano i luoghi, ma anche noi. Bisogna far emergere qualcosa che è nascosto, ma c'è».
Ritrovare una vivacità che è fondamentale, farla diventare «un luogo dove si vuole stare», osserva Loschiavo.
Allora ecco affiorare la proposta con Elisa Milani, che analizza tutte le vie di accesso e vede un avvenire diverso per piazza Vittorio Emanuele, anche per la presenza della biblioteca e del nuovo volto dell'ex carcere. Via la sbarra, nuova pavimentazione per pedoni e verde da questo punto, street art in via Solferino, contro l'effetto isola di calore depavimentazione, aree verdi drenanti, alberi di medio fusto e le quinte arboree a valorizzare il palazzo.
Ma il verde non basta: «Portiamo i bambini al centro, con arredi di design semplici che stimolano la motricità. Sia la piazza dei bambini». Il colore è filo conduttore, il tutto con il metodo dell'urbanismo tattico, insiste Loschiavo. SI sperimenta, si operano interventi temporanei, ma intanto si dà una chance a un luogo che chiede di rivivere nel cuore della città.
E della gente: perché il tempo passa, ma il dibattito si infiamma in galleria.