Opinioni - 09 maggio 2025, 12:30

Un Leone per tenere a bada i lupi affamati. E insegnare dialogo e accoglienza ai grandi della Terra

L'EDITORIALE DI MARCO DAL FIOR. Il nuovo Pontefice si è presentato con la mozzetta rossa e tutti i paramenti, non come Bergoglio che si era spogliato di ogni segno di potere. Ma l’insistenza sulla parola “pace” ripetuta sette volte nel suo primo discorso lascia pochi dubbi: l'abito non fa il Papa e a lui preme esortare al dialogo, all’accoglienza, alla comprensione in un'epoca in cui politici e capi di Stato parlano la lingua delle forze e dei ricatti

(foto Adnkronos)

Si è fatto chiamare Leone. E in mezzo a tanti lupi affamati di potere e ricchezze, ci voleva proprio qualcuno che li tenesse a bada. Senza armi, senza le divisioni corazzate sulle quali fantasticava Stalin, senza l’uso della forza o dei ricatti, come va di moda adesso tra i grandi della terra

Un Leone mite, ma non per questo arrendevole. Deciso a seguire la via di Francesco, senza però esserne il sosia. Aperto alle novità, ma impermeabile alle mode. Capace di convincere l’ala modernista della Chiesa e anche quella più conservatrice.

 Sono bastate 24 ore per trovare il successore di Bergoglio, alla faccia di chi immaginava scontri epocali tra falangi cardinalizie contrapposte. Ce ne vogliono molte di più per mettere insieme un governo o per trovare l’intesa su un membro Commissione tal dei tali. E così capisci perché la Chiesa è resistita a mille forme di governo: ai consoli, agli imperatori, ai re, ai dittatori, agli oligarchi, perfino alla democrazia.

Comodo, direte voi: la aiuta lo Spirito Santo. E’ vero, anche chi non crede non può non notare che sulla istituzione che da quasi duemila anni proclama la parola di Gesù e invita alla sua sequela soffia un’aria diversa, unica, immutabile anche a dispetto degli uomini che la incarnano.

Però, alla Loggia, si è presentato con la mozzetta rossa e tutti i paramenti, non come Bergoglio che si era spogliato di ogni segno di potere già dai suoi primi passi da Pontefice. E’ vero. Ma Prevost, dicono, ha in sé il gene della mediazione e siccome l’abito non fa né il monaco, né il Papa, è probabile che abbia voluto rassicurare i più tiepidi del Conclave che non butterà via il bambino con l’acqua sporca.

D’altra parte le due prime parole “Che la pace sia con voi” e quell’insistenza sulla parola “pace”, ripetuta – hanno sentenziato i più precisini – sette volte nel suo primo breve discorso, lasciano pochi dubbi sulla strada che prenderà il suo Pontificato.  Chi si è preso la briga di scandagliare parola per parola la prima allocuzione di Papa Prevost, ha anche notato che oltre a “pace”, le parole più ripetute sono state “Dio” (6), “Chiesa” (5), “Cristo” (5), “insieme” (4) e “dialogo” (3).  

Quelle non teologiche messe in fila delineano già la filosofia del prossimo Pontefice. Che ha esortato a costruire ponti. Salvini  è balzato esultante dalla sedia, immaginando una benedizione urbi et orbi  del suo progetto sullo stretto di Messina. Ma il Papa non si riferiva ai manufatti in cemento e mazzette. Gli premeva esortare al dialogo, all’accoglienza, alla comprensione. Tutte parole che Salvini, Trump e compagnia abbaiante fa fatica a comprendere. Speriamo che Leone XIV riesca a fare breccia anche nei loro cuori, così come ha già fatto ai 150.000 di piazza San Pietro.

Marco Dal Fior