Cambiano le regole per il nuovo Codice della Strada introdotto alla fine dell’anno scorso. O meglio, si specificano in maniera più puntuale, specialmente quelle – particolarmente discusse - relative a chi, dopo aver fatto uso di sostanze stupefacenti, si mette alla guida: i misteri di Interno e Salute hanno infatti diramato, lo scorso 11 aprile, una circolare alle prefetture e alle forze dell’ordine di tutta Italia in risposta al malcontento delle associazioni e dei movimenti antiproibizionisti e di alcuni esperti di diritto (oltre alla richiesta di valutazione avanzata alla Corte costituzionale da parte del Tribunale di Pordenone).
Il ritorno dello “stato di alterazione psico-fisica”
La versione originale del testo aveva dichiaratamente eliminato la concezione dello stato di alterazione psico-fisica e, sostanzialmente, implicava l’eventualità per cui un test positivo anche riferito a giorni o settimane precedenti potesse risultare valido per incriminare una persona e portare alla sospensione della patente.
La circolare più recente, invece, stabilisce che l’accusa debba seguire l’accertamento che la sostanza produca ancora i suoi effetti nell’organismo e che quindi sia stata assunta in un tempo prossimo alla guida del veicolo. Di fatto riportando in attualità il criterio dello stato di alterazione psico-fisica.
Più tutele per chi assume medicinali con principi attivi simili alle sostanze stupefacenti
Il sospetto di alterazione psico-fisica, però, non è sufficiente a portare all’incriminazione: serve accertare la presenza nell’organismo di metaboliti, molecole prodotte dal processo di metabolizzazione della sostanza stupefacente che, se attivi, decretano l’effetto continuato della sostanza stessa. Questo è possibile unicamente portando al più vicino laboratorio tossicologico forense due campioni di saliva raccolti dalle forze dell’ordine stesse a seguito di un test salivare preliminare positivo.
La presenza di metaboliti attivi porta, quindi, all’incriminazione. E alla conservazione dei campioni nel laboratorio stesso per almeno un anno, pronti alle necessità di magistratura e avvocati anche per possibili contro analisi. La presenza in saliva o sangue di metaboliti inattivi di sostanze stupefacenti non può quindi accertare lo stato d’intossicazione, così come non può farlo il test delle urine, e non presuppone automaticamente la sanzione o il ritiro della patente.
In fase di controlli laboratoriali sarà necessario infine, si legge ancora nella circolare, che le analisi distinguano i metaboliti dovuti a terapie ospedaliere o mediche, escludendo sanzioni nei confronti di persone che si trovino a dover assumere farmaci con principi attivi simili a quelli delle sostanze stupefacenti.