Storie - 29 aprile 2025, 07:15

Da 24 anni in servizio a fianco dei pazienti, tra urgenze, stipendi bassi e aggressioni: «Sono fiero di essere un infermiere»

Raccontiamo la storia semplice e al tempo stesso emblematica di Pasquale Giardino, 55 anni, che lavora al pronto soccorso dell'ospedale di Gallarate: «Ho preso una sprangata in testa da un paziente, una donna in sala d'attesa mi ha rotto un gomito. Non sono più un ragazzino, è un lavoro sempre più duro. Ma quando qualcuno ti saluta, ti riconosce e ti dice "lei mi ha salvato la vita", ti senti gratificato, è questo che mi spinge a continuare e che mi fa appassionare sempre di più della mia professione, come quando ho aiutato a far partorire una signora»

Pasquale Giardino

Nella quotidianità della vita degli ospedali, gli infermieri del pronto soccorso rappresentano il primo aiuto contro traumi, lesioni e preoccupazioni dei pazienti: un lavoro instancabile, delicato, svolto con dedizione. 

Tra questi c’è anche Pasquale Giardino, infermiere con 24 anni di servizio alle spalle, che con un post su Facebook ha voluto apire una finestra sulla realtà del suo lavoro, fatta di soddisfazioni profonde ma anche di sfide logoranti e di fatiche fisiche e psicologiche. 

Pasquale lavora al pronto soccorso dell’ospedale di Gallarate e della sua esperienza professionale racconta: «Ho iniziato nel 1998 in una clinica privata, poi sono passato al pronto soccorso», descrivendo un percorso professionale intenso e variegato. Ma la sua carriera non è stata priva di ostacoli. «Ho subito diverse aggressioni, minacce verbali che ormai non si contano più. Ho preso una sprangata da un ragazzo fuori di testa mentre lavoravo e ho riportato una contusione provocata da una donna in sala d'attesa che mi ha rotto il gomito».

Questi episodi, purtroppo, non sono isolati. L'infermiere spiega che molte aggressioni sono perpetrate da persone sotto l'effetto di stupefacenti o con problemi psichiatrici. «La maggior parte delle volte si tratta di persone ingestibili, che non hanno la capacità di ragionare» sottolinea. 

Nonostante tutte queste difficoltà, Pasquale non si è mai lasciato scoraggiare. «È un lavoro duro, ho 55 anni e non sono più un ragazzino. È pesante sia fisicamente che psicologicamente. Ma quando qualcuno però ti saluta, ti riconosce e ti dice "lei mi ha salvato la vita" ti senti gratificato; è questo che mi spinge a continuare e che mi appassiona sempre di più al mio lavoro”.  Tra i momenti più emozionanti, l'infermiere varesino ricorda di aver fatto partorire una donna e di aver visto nascere il bambino tra le sue braccia: «Sono tante le cose belle che accadono, anche se quelle negative purtroppo sono più frequenti». 

Nonostante tutto, Pasquale continua a svolgere il suo lavoro con passione e dedizione. La sua testimonianza ricorda l'importanza di sostenere e valorizzare il lavoro degli infermieri, quelli che ai tempi del Covid abbiamo definito eroi, che ogni giorno si prendono cura dei pazienti con professionalità e umanità, spesso in condizioni difficili e stressanti.

Ilaria Allegra Vanoli