Non riesce mai a stare fermo, Antonio. Soltanto una magia nella vita l'ha convinto a rimanere seduto: la sua chitarra. Storia nella storia dei Mandolinisti Bustesi, Antonio Apebe, quasi 98 anni (li compie a settembre), domenica scorsa è entrato ad esplorare la mostra dei 120 anni di quell’orchestra con cui lui ha condiviso note, orgoglio ed emozioni per oltre un terzo, 44 anni.
«Sì, non sono capace di stare fermo – sorride – devo sempre fare qualcosa». Anche adesso, ha dovuto sì rallentare e lasciare le imprese sulle sue amate montagne (ha all’attivo 80 cime, l’ultima a novant’anni), ma poi lo vedi impegnato in giardino a lavorare.
Antonio ha iniziato a fare il parrucchiere con papà, in piazza Manzoni a Busto Arsizio, a 16 anni e ha continuato con questo mestiere fino ai 63, nel negozio in via Quintino Sella. La passione della musica, gliel’ha trasmessa il fratello Angelo, che suonava il mandolino. Primi anni insieme in un quartetto, quindi il desiderio di far parte di un’orchestra diventa realtà. E che orchestra.
Si illumina parlando del presidentissimo Giampiero Amisano, che sosteneva la società con grande generosità, e del maestro Renzo Pistoletti, che imprime il cambio di passo qualitativo: «Un vero campione. Allora si andava a lavorare, si mangiava, si prendeva la chitarra in mano e si studiava un’ora, un’ora e mezzo al giorno. Si eseguivano gli esercizi… e qualcosa abbiamo combinato».
Qualcosa. Fior di riconoscimenti ai concorsi, nel 1958 non credevano ai loro occhi i Mandolinisti Bustesi di ritorno a casa: «Avevamo fatto razzia di premi e abbiamo trovato la banda ad accoglierci alla stazione di Busto». Kerkrade, il cuore scoppia di felicità: «Primo premio al concorso, alla serata di gala altro primo premio, la bandiera del concorso che abbiamo ancora e una chitarra che c’era alla mostra domenica… Erano le olimpiadi della musica. Eravamo tutti dilettanti» Dilettanti, con un fuoco dentro che spronava a impegnarsi e a dare il meglio. E poi – rimarca Apebe – era un vanto appartenere ai Mandolinisti Bustesi.
Il presidente Amisano era una colonna, ma per questi viaggi anche i musicisti versavano quote. «Con il mandolino si suonava Beethoven o la Rapsodia ungherese – racconta ancora Antonio, con la sua formidabile memoria – Il valzer dei fiori la prima volta non eravamo riusciti a farlo, la seconda sì, poi divenne un nostro fiore all’occhiello».
Oggi, mentre sfiora la chitarra del nipote, Antonio assicura: «La musica è una cosa che piace e piacerà in eterno». Lui però, che non riesce a stare fermo appunto, coltivava anche un’altra passione che è riuscito a realizzare a 53 anni: andare in montagna. Iscritto al Cai del 1981, raggiunge i rifugi e luoghi del cuore come il Cristo delle Vette.
Ma la musica? Oggi non è facile coinvolgere i giovani, anche se i Mandolinisti Bustesi hanno una nuova generazione che ha risposto "presente" e lo stanno raccontando anche in questi giorni di festeggiamento (ricordiamo convegno e concerto QUI).
«Sempre quel telefonino – sospira Antonio rivolgendosi alle nuove generazioni – Sono andate a ramengo le passioni. Suonare è impegnativo, se non lo si fa appunto più di un’ora al giorno le dita non vanno». Ma è come scalare una vetta: quando la conquisti o quando riesci a vincere un concorso, tutta la fatica scompare, soppiantata dalla felicità.
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