Ieri... oggi, è già domani - 10 luglio 2024, 04:00

"… foea di ball" - fuori dalle palle ….

Il Dialetto Bustocco "da strada" (Giusepèn m'è testimone) non si formalizza proprio con espressioni "imparate"

Il termine sembra scurrile, ma non lo è del tutto. Diciamolo subito: è il tentativo della gente "da strada" di portare nelle espressioni tipicamente Bustocche, quel "non so che" di italiano. Lo si dice in lingua quel "fuori dalle palle" nel senso di "me ne vado" (a ò foea di ball) oppure detto anche agli altri: "vattene", "va foea di ball" che si arricchisce con un "stò giù di oegi" (stai giù degli occhi) che è un sinonimo di "vai lontano da me" - "non farti più vedere" che conduce ai "fatti i fatti tuoi" che sconfina nel "scùa su a to cò" letteralmente "ramazza in casa tua" che è proprio "fatti i fatti tuoi".

Il Dialetto Bustocco "da strada" (Giusepèn m'è testimone) non si formalizza proprio con espressioni "imparate" che hanno avuto pure una "colorazione" nel significato e, durante una o più discussioni, non era raro sentirsi dire "te me rutu i ball" (mi hai rotto le palle) per dire "mi hai infastidito".

Addentrandoci nel tema, si sconfina nel "cuiòn" (coglione) che è un sostantivo maschile, utilizzato in varie sfaccettature: "rompere i coglioni" (infastidire) - "eghi i cuiuni" (avere coraggio) che si usa per indicare una persona energica, volitiva - "gu pièn i cuiuni" (ho pieno i coglioni) per dire "non ne posso più) - "mi stai sui coglioni" dedicato a un antipatico, "m'à giran i cuiuni" (mi stai infastidendo) e pure "foea di cuiuni" mi hai infastidito, vattene via.

La casistica dei "foea di ball" e di "foea di cuiuni" si potrebbe allargare in tanti esempi della vita reale che è inutile qui elencare. Il "concetto di fondo" è: siccome le "orchidee" (qui, c'entra nulla il fiore) rappresentano la parte intima più importante per i maschietti, per significare … più significati, si tirano in ballo quando si discute con una certa veemenza e soprattutto, discutere di cose importanti.

Mi viene in mente un "aneddoto" che collima con la "storia" di quando ero ragazzo. A casa nostra, arrivava "ul ruèl" (il fruttivendolo) col suo carretto trainato dal cavallo e zeppo di verdura. frutta e quant'altro, a cadenza settimanale. Mentre le mamme accorrevano per la spesa, noi ragazzi ci si divertiva, a volte con … "giochi stupidi" che sfociavano in risate collettive. Quel giorno, non fu proprio così. Mio cugino Pasquale (pace all'anima sua) aveva per le mani una bacchetta di salice e si "divertiva" a picchiettarla delicatamente, sulle palle del cavallo. Che, a prima vista, mostrava indifferenza, poi ne seguiva un nitrito soffice, quasi accondiscendente. Pasquale, insisteva e il nitrito diventava più corposo, tanto da far dire al "ruèl" di stare buono al cavallo e e di non disturbare la spesa delle massaie. Poi, Pasquale ebbe una "trovata": smise con la bacchetta di salice sui "cuiuni" del cavallo, gli accarezzò il muso che già mostrava le ampie narici divaricate e introdusse nelle narici stesse del cavallo, pollice e indice in … egual misura. Il cavallo non riuscì a nitrire, ma puntò lo sguardo su Pasquale e, con mossa repentina, il cavallo mostrò l'ampia dentatura che "affondò" nel petto di Pasquale. La scena fu subito raccapricciante. il petto di Pasquale divenne rosso "ardente" e il "ruèl" schizzò dal carretto per affrontare il cavallo e fargli mollare la presa.

Le mamme inorridirono. I ragazzi, ammutolirono. Gli adulti presero la decisione di condurre Pasquale in Ospedale. Ci andammo un po' tutti, lasciando al cavallo la "colpa" dell'evento. Dopo circa due ore, vedemmo Pasquale con addosso una zavorra di bende che somigliava a un'impalcatura e il pericolo di "dissanguamento" fu scagionato. Tutto finì lì, senza ulteriori indagini, ma da quel momento sino ai giorni nostri, tutti noi capimmo che a molestare qualcuno (animali compresi), non solo si rompono i "cuioni", ma si rischia di farsi rompere la testa per … rivincita.

 

Gianluigi Marcora