Stavolta, a ricordarmi un ancestrale detto Bustocco è la mamma di Graziella Enrica Puricelli, amica in Face-Book che si fa interprete di un indimenticabile modo di dire. Come sempre, prima di renderlo pubblico, mi confronto con Giusepèn, mio mentore e mio maestro di vita. Giusepèn è più che felice per questi "suggerimenti" che denotano l'efficacia di quanto s'è scritto in "ul Giusepèn" e su "Giusepèn e Maria", libri andati per la maggiore che riguardano il Dialetto Bustocco da strada.
Ne approfitto per dire: chi ha suggerimenti da fornirci, ovviamente del Dialetto Bustocco, ce li scriva. Siccome saranno scritti inediti, questi nuovi "suggerimenti" diverranno materia di studio per il prossimo libro che costituirà valida testimonianza per chi non vorrà "far morire" la Lingua Bustocca. (al titolo del nuovo libro sul Dialetto Bustocco da strada, penseremo poi!
Eccoci quindi al suggerimento di Donna Teresa Puricelli: "mangiò al mangiota - beà al beota - l'e dumà a lauà cal barbota" - traduzione letteraria: "mangiare, mangia assai - a bere non si tira indietro - è solo a lavorare che borbotta" - chiaro che qui siamo alle prese con un indolente, "uno" che "al ga a caneta da vedar" (che ha la canetta "spina dorsale" di vetro, cioè "voia da lauà, saltami adossu" (voglia di lavorare saltami addosso) che, per un Bustocco, tutto ciò è osceno, blasfemo, visto che qui a Busto Arsizio, l'emblema principale (e fortuna nostra) è il LAVORO.
La vita non è solo "mangiare, bere, lavorare", ma contempla tantissime altre evasioni. L'ha scritto pure Dante "nati non foste per viver come bruti", ma è importante vivere con "virtù e conoscenza". C'è poi il Vangelo che narra "non solo di pane vive l'uomo" che fa il paio col detto di Dante. Sia mai detto che a Busto Arsizio si pensi ad altro.
Quel detto Bustocco esalta l'importanza del "mangiò al mangiota" per il risalto offerto alle "buone forchette" (i buongustai) che ovviamente sanno anche gustare il "bere" purchè si tratti non solo del "mericanèl" (vino di poche pretese, originario dalle uve "clinton"), ma esteso a nobili vini dei vari Comuni d'Italia che li producono. Quindi, chi "borbotta" per quanto concerne il Lavoro, si chiama fuori dalla buona creanza che invece dovrebbe ringraziare il Lavoro, altro che "borbottargli dietro".
Quando si è bollati con "al ga a caneta da vedar" è facile dedurre che a … piegare il vetro, non si può; figurarsi avere la colonna vertebrale (caneta) che a piegarsi, si sbriciola.
Giusepèn ha sempre difeso il Lavoro e ribadisce dopo avere letto quanto sopra: "digàn anmò, anca se te le già scrittu su ul libar dul Giusepèn" (dillo-scrivilo ancora , anche se l'hai già fatto sul libro "ul Giusepèn") - lo faccio subito: quando si incontravano due conoscenti, due brave persone, due soggetti che prendevano la vita mai di …. sottobanco, la prima frase che si dicevano era (l'uno con l'altro) "m'al vò'l lauò?" (come va il lavoro?) e quando il Lavora va bene, c'era la salute, c'era l'armonia, si potevano intraprendere viaggi, si acquistava il necessario "e queicossulina da pù" (e qualcosina in più) e ci si permetteva di andare al cinema, a teatro, a compiere una "spasegiòa" (passeggiata) per ….."non vivere come bruti", ma per interessarsi pure del "bene verso gli altri - carità" e per la "conoscenza" leggere un libro, documentarsi con più quotidiani e mensili, andare in Biblioteca …. tutta "roba" che rendeva la persona, documentata e dentro il "sistema" della collettività civile. - grazie ancora Graziella Enrica Puricelli e soprattutto grazie a mamma Teresa.