Ci siamo. E' Natale. La settimana che ci porta alla Notte Santa, caratterizza il Natale. Le attese, le prospettive trovano il culmine, l'apice alla notte della Natività. Poi ci saranno i convivi, le riflessioni, i commenti, ma tutto è condensato in questa settimana. Giusepèn ammicca e vuol sapere dove vado a parare. E' presto detto: i sogni vanno concretizzati e lo si fa proprio in questa settimana. Ciascuno fa del proprio meglio per giungere all'appuntamento gioioso col Natale.
I doni che si scambiano, soddisfano le aspettative. E' vietato deludere. C'è chi lotta con le gravità del tempo e chi vorrebbe "ma non posso" e chi offre quel che ha con sobrietà e stupore. Il Natale, tuttavia è gioiosità dei bimbi. Deve trionfare l'innocenza. E dentro quel "sapore di favola" vivere il mistero con Fede, nel rispetto delle Tradizioni.
Qui, a Busto Arsizio, uno sguardo al passato, lo si concede. In casa mia, c'era la "rustisciàa" che sin dal mattino "spopolava" per il profumo inusitato che si espandeva nell'aria. Inusitato, per il fatto che la "rustisciàa" era composta dalle "minuzie" e dagli intingoli che di solito si avvertono a pranzo o a cena. A Natale, no! la si consumava al mattino con tanto di vino bianco ad annaffiare il prelibato cibo. Anche ai ragazzi (certamente non ai bimbi) era consentito approcciarsi al fuoco con sopra la grande pentola con dentro i bargigli del gallo, le interiora dei polli, le carni spezzettate di polli e di conigli. Faceva corona una "ruota di pane" che si intingeva a mo' di "scarpetta" dentro la pentola e si …..rideva, si parlava, si raccontava ciò che "Gesù Bambino" (oggi si dice Babbo Natale) aveva portato. Ed era un effluvio di stupore e di parole di gioia. Ce n'era per tutti. E le mamme a sorridere gioiose per questa ilarità spicciola "mai vista" durante il resto dell'anno.
Proprio in questa settimana, si è altruisti. Ciascuno pensa …. agli altri. Si compie una specie di sano "inventario" per soddisfare al meglio le esigenze di chi si ama. E ogni dono ha la sua confezione d'amore, di stile, di rispetto, di lealtà per procurare sorrisi e ammirazione di sentimento.
Ogni casa si inondava di giochi, di sospiri, di impegno e i bimbi recitavano la cosiddetta Poesia di Natale. Qualcuno intonava il "Tu scendi dalle stelle", le mamme proponevano una preghiera, poi si "affrontava" il Natale con le leccornie mai gustate durante l'anno …. il menù comprendeva ogni tipo di carne: dal lesso al coniglio arrosto, dall'oca, al pollo (anche per il brodino della sera) … .ma c'era pure il prosciutto, c'erano altre cose buone come le arance, i mandarini, la frutta secca, dove spiccavano "i zacarèi" (le mandorle). Per "i nusi" (noci) e i "spagnuleti" (arachidi) c'era un sobbalzo di allegria. Tutta "roba" mai vista durante l'anno, ma col Natale, si facevano tremende scoperte. Anche il cioccolato era migliore, rispetto al "solito" Italcima!
Ha ragione il Poeta a dire che "la gioia consiste nell'attesa ed è triste dire io fui" e tutto ciò durava mesi, inanellando nella fantasia di ciascuno, quanta gioia, il Natale avrebbe dovuto portare. Chissà come, ma alla vigilia della Notte Santa, si doveva andare a letto "per tempo" e non c'era bisogno di farsi ripetere …. l'invito; pena "Gesù Bambino porta nulla" che incuriosiva un po', ma non era lecito approfondire la ragione.
So che, "una volta" mi ero imposto di analizzare i fatti: capire perché a un certo momento, mamma e babbo, già coricati, come lo ero io, senza fare troppo rumore, indossavano nuovamente gli abiti e uscivano dalla stanza (chiamiamola camera da letto) e per un paio d'ore, non vi facevano ritorno.
Poi, il sonno completava l'attesa, occultando il prosieguo dell'indagine. E al mattino, trovare ai piedi del letto il cavallo a dondolo, poi la costruzione del "meccano", il "piccolo chirurgo" e, per il bene in assoluto, un pallone nuovo. E convincersi, in fondo che, "se Gesù Bambino aveva portato quei doni, non mi ero così comportato male". Giusepèn se la ride. Lui arrivava a casa mia, in bicicletta e per "incanto" diceva "chestu chi, l'è par ti" (questo dono è per te) e mi consegnava un cappello da cow boy che indossavo dopo avere chiesto "l'ha portato a casa tua?". Il soggetto del "chi l'ha portato" era ovvio e, col cappello, usciva dalla tasca di Giusepèn la stella dello sheriffo per dirmi che di armi non se ne parla, ma quella "stella" doveva farmi capire cos'è l'ordine e la correttezza.
E la Festa (quella del 25 dicembre) aveva inizio, a suon di giochi, di corse per il cortile, per il raffronto coi compagni, sino alla "tombola" pomeridiana, a suon di cantilena per i numeri estratti ….1 (vogn - ul capu di lodar - uno, il capo dei ladri) - 88 utantottu, i ugiò dul Popa (gli occhiali del Papa) - 16 sedas, ul cù (sedici, il sedere) - 46 quarantasesi a me leva (46 la mia Leva) - 90 nuanta …. a pagùa (la paura) - 77 setantasetti, i gambi di duneti (le gambe delle donzelle) - e chi più ne ha, più ne metta - poi a sera, esausti, concitati, contenti, convinti di essere buoni, gratificati, pure per avere convinto Gesù Bambino a portarci doni, ci si abbandonava al sonno …. e il Natale era passato, fuggito, come una meteora se n'era andato e si pensava subito al Natale prossimo, con altre prospettive, con l'analisi dei giochi da chiedere, ma pure col proponimento di diventare migliori.