Ieri... oggi, è già domani - 07 dicembre 2023, 06:00

"a ciclona" - la "ciclona"

Giusepèn ci pensa un tantino poi conferma: "era il 1909" (e lo dice in italiano) e allora ne avevano parlato anche i Giornali Nazionali.

La chiamavano così, la Rosetta (per privacy non posso svelare il cognome) per avere provato gli effetti del ciclone - visto che alcuni Lettori desiderano saperne di più sul "ciclone" ho voluto dire a Giusepèn di illustrarmi bene l'evento. Lui, di fronte a questa testimonianza, apre la "valigia" dei ricordi. "gàn di insci àa Rusetta parchè l'e vanzàa suta al ciclon e par furtuna che ul ciclon l'àa menao non via. A Ruseta l'à pudù riparasi sut'àa na gronda, poeu l'an fei gni dontar in cò" (hanno detto così alla Rosetta, perché lei è rimasta sotto al tornado e per fortuna, il tornado non l'ha portata via. La Rosetta ha potuto ripararsi sotto a una grondaia, eppoi l'hanno fatta entrare in casa).

Giusepèn ci pensa un tantino poi conferma: "era il 1909" (e lo dice in italiano) e allora ne avevano parlato anche i Giornali Nazionali. Più o meno il quel periodo c'era stato il terremoto in Sicilia "e lì inscì ghe stei tanti morti …. da nogn, dumò dagn" (laggiù si sono verificati tanti morti - da noi, solo danni).

Si usava, all'epoca, affibbiare alle persone, i cosiddetti soprannomi. E, da quel momento, o si diceva "a Rusetta a ciclona" o, per i suoi conoscenti, semplicemente "a ciclona". Non è che lei, la Rosetta, fosse tanto contenta dell'appellativo, ma a nulla valsero le sue "reprimenda" e per tutti, Rosetta era diventata "a ciclona". Persino quando se n'è andata Lassù, nei commenti dei conoscenti si diceva "ghe mortu a Rusetta a ciclona", per buona pace dei bontemponi e di chi la conosceva.

Di soprannomi "strani" ne conosco anch'io qualcuno e qui mi limito a scrivere quelli che destano solo stupore e non il disdoro che meritano. Ad esempio, a "Milia-vacca" e mi taccio dal rivelare nome e cognome. La Milia aveva pure un altro soprannome, ma per "decoro" me lo tengo stretto.

Altro soprannome (non per la Milia) era dovuto a un "mestiere" che quel "imprenditore" si è visto appioppare. Non dico il nome, ma il soprannome, si: "ul saggiamerda" scritto tutto unito. Ebbene, chi girava con la "bonza" o chi andava a svuotare le latrine (suvvia, non facciamo i difficili: la latrina chiamata anche "camar" era ubicata in un angolo del giardino, possibilmente riservato, e chi occupava le case di ringhiera, ne usufruiva. Io stesso sino a 24 anni, vivevo in case di ringhiera e ho avuto i servizi in casa, quando mi sono sposato)…. svuotare le latrine, aveva il compito (chi è debole di stomaco salti le due righe prossime) di intingere l'indice nel guano e "assaggiare" quella "schfezza …. refluo", per fornire il contadino del grado di acidità del "contenuto" con finalità "terapeutiche" dovute al podere o al campo da seminare, giardini compresi

Qualcuno potrebbe commentare "che discorsi di merda" ed io rispondo "è verissimo"; stiamo proprio facendo discorsi di merda …. che diamine!

Poi ricordo "ul cinquatrèn" (l'amico Eligio Armiraglio) o "ul lepazucchi" (che tradotto fa "lecca zucche), "a peamusona" (colei che toglie la pelle dal viso), "a scema dàa Ciama" (la scema del rione Ciama), "ul Raeta" e, per dirla per intero, c'era il detto "te ne fèi pisse che Raeta" (ne hai combinate più di Raeta" vale a dire che Raeta era un tipaccio.

Basta così per ora. Giusepèn è drastico: "tra discusi da merda e nom tant per la quale, l'à va ben insci" (tra discorsi di guano e nomi …. tanto per la quale, va bene così). Necessario, più che necessario, anzi determinante …. ci vuole un Nocino …. Maria "pruedi" (provvedi).

Gianluigi Marcora