Ieri... oggi, è già domani - 16 ottobre 2023, 06:20

"Pian pian... adòsi" - Lentamente... adagio

L'incontro col Giusepèn è sempre cordiale. Lui ti fissa coi suoi "occhi furbi" e quasi ti fa la... radiografia di "come sei, "cosa provi", quali sentimenti susciti ed esprimi...

L'incontro col Giusepèn è sempre cordiale. Lui ti fissa coi suoi "occhi furbi" e quasi ti fa la... radiografia di "come sei, "cosa provi", quali sentimenti susciti ed esprimi. Giusepèn è un "filosofo" e sa meditare prima di profferir parola. E arriva subito all'essenziale.

"Go da diti du robi bon che me gnu'n menti" (ho da dirti due cose buone che mi sono venute in mente) ed io gli mostro tanta curiosità con un pizzico di stupore. Mi piace apprendere dalla sua saggezza e mi garba rievocare "quel mondo", il "suo mondo" ricco di valori e davvero di... "cose buone" come dice lui.

"Va sempar un po piàn e un po adosi" dice. Nella traduzione lessicale è semplicemente "muoviti sempre un po' piano e un po' adagio" che sembra la stessa cosa, ma in realtà (Giusepèn annuisce) vuol significare "muoviti con circospezione. Non fidarti delle apparenze. Vedi di vagliare al meglio, le parole, poi prendi una decisione".

Eccola, la "saggezza" di Giusepèn. "In giru ghe trol balabiuti che cunt'i paòl t'a incantan, poeu t'a fregan" (in circolazione ci sono troppi malviventi che con le parole ti incantano, poi ti fregano). Con termine "balabiuti" non si vuole significare "danzano ignudi", ma è il termine dispregiativo rivolto a chi non è onesto, a chi millanta la verità, a chi vuole raggirare le persone. Poi col "t'a fregan" si arriva all'estremo del raggiro. Oggi i "balabiuti" usano il sistema dello "specchietto rotto", della "telefonata per un bisogno immediato", per il "figlio che fa un messaggio accorato", per una "dispersione" di gas... o "l'oro che si corrode o l'acqua infettata", fino ad arrivare a entrare in casa per un "controllo" sulla rete idrica, quella elettrica o del gas.

Giusepèn è categorico: "in ca mia ga egn chitoi ca disu men, sedanòn a fo genti" (in casa mia entra chi conosco, altrimenti chiamo subito altre persone). Gli suggerisco "meglio chiamare le Autorità; Polizia o Carabinieri". "te ghe rasòn" (hai ragione. E il messaggio lo rivolgiamo a tutti i Lettori) Mai fare entrare uno sconosciuto in casa... con o senza divisa. I "malviventi" si sono attrezzati anche... procurandosi Divise di Pubblici Ufficiali; quindi chi NON si conosce, sta fuori.

Giusepèn arriva subito a un'altra frase che "la me gnua in menti par casu" (mi è venuta alla mente, per caso) ed è questa: "mei sta chi malamenti che 'dà là pulidu" e mi sovviene subito la "traduzione".

Quella frase l'ho sentita tante volte, ma sia nel libro "ul Giusepèn" sia nell'altro libro "Giusepèn e Maria" non si era fatto accenno e nemmeno si è sfiorato l'argomento. Il significato è "meglio stare in vita con qualche acciacco, piuttosto di... passare a miglior vita, nel migliore di modi". Che significa pure, attenzione a mantenersi in salute e facciamo in modo di "tegni fòa i pe dul leciu" (tenere fuori i piedi dal letto) che non vuole dire... coricarsi sul divano, ma il significato di buon gusto è "curarsi" e non rimanere a letto per una malattia.

Nei tempi andati, dice Giusepèn chi rimaneva troppo a letto era un "poltrone"; uno che non aveva dimestichezza col lavoro, un "lavativo" da correggere, ma pure persona che necessitava di un adeguato riposo.

Anche qui "un po' pian e un po' adosi" come s'è detto all'inizio del "pezzo" e prima di emettere ingloriosi giudizi. Meglio sempre appurare le cause che determinano un fatto e mai, proprio mai "fermassi ai ultoi" (fermarsi in curva), ma "ndò drizzu fin'in fondu àa stròa" (ma andare dritti sino in fondo alla strada" cioè appurare la verità, senza fronzoli!

Gianluigi Marcora